giovedì 22 dicembre 2011

A Polly per il suo compleanno

Approfittando del suo compleanno, voglio parlare di un altro animale che attualmente popola la mia vita.
Diciamo che visto da lontano, magari al crepuscolo, potrebbe farvi l'impressione di essere il mastino dei Baskerville, avete presente, quel grosso cane nero di un episodio di Sherlock Holmes, che si aggirava sinistro nella brughiera ad ammazzare la gente?
Ecco, intravedere Polly in lontananza, tra le ombre della sera, potrebbe suscitare qualche brivido lungo la schiena. Ma non appena vi giungesse abbastanza vicino da poter guardare nei suoi miti occhi nocciola, bé, anche il minimo timore svanirebbe come neve al sole. Quando poi vi ritrovaste a stringere la sua grossa zampa nera, che sicuramente vi porgerebbe in segno di amicizia, avreste la certezza di essere di fronte ad un animale di grande gentilezza.
Questo è il minimo che si possa dire di lei, Polly, una femmina di Terranova nera come la pece, con la quale condivido ogni mio giorno lavorativo, anche se lei sta fuori nel cortile. Ogni tanto per la verità si intrufola nello studio, o almeno butta dentro un'occhiata dopo aver spinto la porta con il suo massiccio muso. Oppure ci fissa attraverso il vetro, finché non le allungo un pezzo di pane secco, sua grande passione, o qualche biscotto o crostino. La maggior parte del tempo comunque se ne sta sulla sua branda abbandonandosi a lunghi pisolini.
Qualche volta la porto a passeggio io, e i primi metri sono una specie di sci nautico, nel senso che lei parte a razzo e io dietro quasi a corsa a quella specie di orso cittadino. Ben presto però, dopo l'entusiasmo iniziale, rallenta il passo e sulla strada del ritorno sono io a doverla spronare. La sua età dopotutto si fa sentire. Benché da tutti sia considerata un'eterna cucciolona, Polly compie oggi dodici anni.
A parte qualche tremolio alle zampe posteriori e qualche pelo bianco sul muso, direi comunque che é ancora in grande forma.
Io la definisco, con affetto, ovviamente, il nostro cane abominevole. Non so se abbiate mai incontrato faccia a faccia un terranova. In quel caso capireste il perché di questo aggettivo. A parte la mole e il folto pelo nero, mai proprio pulito né profumato, sono dotati di una bava molto simile a quella di Alien, che naturalmente vi ritroverete sui vestiti con grande facilità, simile alla scia lasciata da un lumacone se siete fortunati, altrimenti sottoforma di filamenti quasi solidi nel peggiore dei casi.
Eppure, nelle mie passeggiate con Polly, mi è capitato qualche volta di incontrare persone  che mi hanno chiesto di poterla accarezzare, dicendo che il Terranova è il loro cane preferito, magari perché ne avevano avuto  o conosciuto uno in passato. E Polly naturalmente se ne sta lì ben felice a godersi le carezze. Una volta una mamma con un bambino di neanche un anno in braccio si è chinata entusiasta su di lei, in modo che il bimbo la vedesse meglio, assolutamente incurante della bava, sotto lo sguardo preoccupato della nonna.
In generale è un cane che spesso suscita almeno un sorriso nei passanti che lo incrociano.

Ho letto che molto tempo fa i pescatori dell'isola di Terranova si portavano uno di questi cani quando uscivano a pesca d'inverno nel loro gelido mare, perché se qualcuno fosse caduto in acqua solo il terranova avrebbe potuto salvarlo, gettandosi senza conseguenze nelle acque del nord, protetto dal suo pelo impermeabile. E ancora oggi sono cani utilizzati per il soccorso in mare, essendo ottimi nuotatori.
La nostra Polly è un cane di città, e questo un po' mi dispiace. Sicuramente in campagna starebbe meglio... Ma credo che sia contenta della sua vita insieme a noi, dopotutto.
Malgrado i suoi difetti "fisiologici", che mi fanno dire ogni tanto al suo padrone :"Ma un bel cane a pelo raso no? O un chihuahua?", le voglio molto bene.
Amo la sua gentilezza, la sua estrema bontà, la certezza che mai si rivolterebbe contro qualcuno (è una grande amica del postino e persino al veterinario porge la zampa), e mi piace quando mi si mette vicino e appoggia una zampotta sulla mia scarpa, e ce ne stiamo lì per un po' fianco a fianco a guardare dal cancello gli avvenimenti del cortile.
Tanti auguri cara Polly, mio carissimo cane abominevole.

Polly il cane abominevole al parco

mercoledì 21 dicembre 2011

Un Natale anche per loro

Ci siamo quasi, tra pochi giorni sarà di nuovo Natale. E come ogni anno, in TV, tra alberi addobbati e lustrini, imperversano immagini di tavole imbandite, e di allegri cuochi e rinomati chef che mostrano le loro creazioni. E poi le trasmissioni di intrattenimento e i telegiornali dedicheranno servizi ai vari pranzi e cenoni, dove non mancheranno i grandi classici, in un tripudio di cotechino, zampone, anguille in umido, tacchini, e via dicendo, nella ricetta tradizionale oppure rivisitata.
E poi sono certa di rivedere presto scene di mercati in cui la gente va a fare la spesa per i giorni di festa, dove si vendono allegramente pesci e crostacei vivi, strappati al loro mondo sottomarino per finire in una tinozza su una bancarella, fino al momento della consegna ai clienti, che in queste sfortunate creature del mare non vedono altro che una parte del loro pranzo natalizio.
Lo scorso anno stavo appunto vedendo una scena del genere in televisione, e mi sono chiesta ancora una volta come sia possibile questa indifferenza, questo commercio noncurante di esseri viventi. Come sia possibile accettarlo e consumarlo come un semplice dato di fatto.
Stessa cosa naturalmente per tutti gli altri animali uccisi anche in questo periodo per finire sulla nostra tavola della feste. Ricordo ad esempio un rinomato chef che spiegava come cuocere una testa di bovino per una carrellata di bolliti.
"Bisogna lasciarle il tempo di cuocere, questi sono animali di cinque anni" diceva.
Non è orribile disporre con tanta noncurante arroganza della vita di esseri viventi?

Ancora di più a Natale, che dovrebbe essere un momento di particolare amore e fratellanza, una giornata in cui riscoprire la propria umanità, o almeno così si dice.
Eppure neanche in questi giorni si rinuncia a mangiare i corpi di creature innocenti ammazzate per finire nei nostri piatti. Di nuovo, l'ombra e l'abitudine della tradizione incombono su di noi, e scegliere di non mangiare carne pare ai più inconcepibile. Ma come, delle Feste senza zampone o cotechino?
 Da inguaribile sognatrice quale sono, a me piace invece immaginare un periodo natalizio vegetariano, dove agli animali vengono riservate carezze e amicizia, anziché la morte. Non farebbe parte questa scelta di quello spirito del Natale di cui tanto si parla ma che resta sempre effimero? E poi sarebbe un bel modo per entrare nell'anno nuovo e per cominciare a ripensare al nostro rapporto con gli animali e a vergognarci finalmente del modo in cui trattiamo la maggior parte di loro.
Un Natale anche per gli animali.
Un Natale in cui viene dare loro qualche piccola leccornia, invece che ammazzarli e far diventare loro la presunta prelibatezza. 
Un Natale in cui adottare un cane, un gatto, o qualsiasi altro animale, e non per abbandonarlo in estate, ma per iniziare un cammino insieme, per tutti i giorni della sua vita.
Un Natale in cui dedicare almeno un pensiero a tutti gli animali sfruttati e rinchiusi.
Un Natale per guardare nella nostra anima alla ricerca di un sentimento di compassione capace di estendersi a tutte le specie.
Concludo con le parole di una grande poetessa, parole che ho sempre amato e che mi sembrano, spero al di là di ogni retorica, un ottimo augurio di condotta per un nuovo anno che sta per cominciare:

                                              Se io potrò impedire a un cuore di spezzarsi
                                                            non avrò vissuto invano
                                                      Se allevierò il dolore di una vita
                                                               o guarirò una pena
                                                      o aiuterò un pettirosso caduto
                                                               a rientrare nel nido
                                                           non avrò vissuto invano
            
                                                                 (Emily Dickinson)


  
Buon Natale a tutti 

domenica 18 dicembre 2011

La storia di Leo Freud

Non ricordo esattamente quando Leo comparve per la prima volta nel nostro giardino. Suppergiù sei o sette anni fa. Lo rivedo rotolarsi nell'erba, con il suo corpo magrolino, dal pelo marrone striato di nero. Fu quello il mio primo incontro con il gatto dei nuovi vicini, che si erano da poco stabiliti nella casa nuova in fondo alla nostra via. Non conoscevo ancora il vero nome di quel piccolo nuovo arrivato, ma sapevo che il suo padrone era uno psichiatra. Così per me il gatto divenne Freud, e tutti cominciammo a chiamarlo così. Soltanto più tardi, dopo aver conosciuto i suoi padroni, appresi che il suo nome ufficiale era Leo.
Fro (come lo chiamo spesso) è un gatto magretto, specie d'estate, dall'andatura leggermente sbilenca, non si sa perché, e lo sguardo da gufo. A qualsiasi ora uno esca o rientri da casa, spesso se lo trova in giro, spuntato da chissà dove. Nessuna intemperia sembra avere effetto su di lui e sul suo vagabondare tra casa sua e la nostra. Qualche anno fa mia mamma lo vide davanti alla portafinestra, nel turbinio della neve, che con la sua tipica aria da povero gatto senza dimora (ha una casa bellissima e i suoi padroni lo adorano) guardava dentro, mentre intorno a lui il vento gelido e turbinante di fiocchi fischiava nel buio. Così mia mamma, pur non avendo una grande simpatia per lui, per ragioni che vedremo tra poco, lo fece entrare, gli diede qualcosa da mangiare e lo mise fuori dalla porta d'ingresso, depositandolo sullo zerbino  :)
Oppure ricordo una volta, d'estate, che guardando dalla finestra vidi Fro in cima ad una siepe, che in un modo o nell'altro riusciva a non sprofondare nel mezzo, con il mio gatto che lo osservava da sotto con aria di sufficienza.
E poi tutte le volte che riesce ad infilarsi in casa nostra, approfittando con una rapidità sconcertante di una porta lasciata socchiusa per un momento, e via, veloce come la luce su per le scale, diretto al piattino delle crocchette che c'è al piano di sopra. E dopo aver spazzato anche le briciole eccolo appallottolarsi su un letto, o sotto ad un piumone, dove lo si scopre anche dopo ore, magari grazie alla coda che spunta fuori.
Riccioli d'Oro, la bambina che, mentre i tre orsi erano fuori, si installava in casa loro e faceva tutti i suoi comodi, era niente rispetto a Fro. Che, oltre a mangiare e dormire a sbafo, ci ha anche spesso omaggiati di quei fantastici spruzzini che i gatti usano per marcare il territorio, rovinando la stufa e gli stipiti della portafinestra, e addirittura una parete della casa dei Playmobil che tengo ancora sopra un armadio dove lui si sarà arrampicato.
E non dimentichiamo gli agguati alle gambe nude, d'estate, attacchi improvvisi sferrati contemporaneamente sia con la bocca che con gli artigli sguainati di una zampa, così che ci si ritrova due bei graffi sanguinanti poco sopra la caviglia. E subito dopo ecco Fro rotolarsi innocente a pochi passi, tutto ronfante.
C'é da dire che avanzando con l'età questo aspetto é migliorato, ma rimane sempre un animale infido. Per quanto sia capace, allo stesso tempo, di appallottolarsi nella mia ombra, o sotto alla mia sedia sdraio, o sulle mie ginocchia mentre leggo un libro nei pomeriggi estivi, e rimanere con me a lungo, senza muoversi.
E poi quando, ai miei rientri da Milano, lo rivedo dopo diversi giorni, lui mi corre incontro e si strofina sulle mie gambe.
Malgrado i suoi raptus e la sua irrequietezza, voglio molto bene a Freud. Amo il suo spirito libero e indomito, la quintessenza della gattitudine. Dopo il mio gatto, il mio adorato Hitchocock, che è molto più una buona pasta, nel mio cuore c'é Fro.
Freud, che, giovanissimo micio, stava in un rifugio per animali vicino a Bellinzona, in Ticino, e che ogni notte riusciva ad evadere dal suo recinto e poi dalle mura della struttura, con spericolate acrobazie, per starsene in giro fino all'alba, e poi alle prime luci del mattino si faceva trovare davanti al portone, affamato.
E, se lo psichiatra e sua moglie non lo avessero adottato, sarebbe probabilmente stato soppresso per questa sua abitudine, così mi hanno raccontato.
Sono felice che il suo destino sia stato diverso, e che sia entrato nella mia vita, il mio piccolo gamaldo Fro.
Freud nella sua veste di mendicante fuori dalla portafinestra

lunedì 12 dicembre 2011

The Animal-lover's Book of Beastly Murder, racconti inquietanti di animali

Voglio segnalarvi una raccolta di racconti scritti nel 1975 dalla grande Patricia Highsmith, una scrittrice che personalmente amo molto, maestra nel tessere storie inquietanti, dove, nella normalità del quotidiano, si insinua improvvisamente qualcosa di inaspettato che intrappola i protagonisti in strane tele di ragno.
I tredici racconti di Delitti Bestiali (titolo che potrebbe essere fuorviante, mi sembra che l'originale inglese, The Animal-lover's Book of Beastly Murder, sia più appropriato) narrano le vicende di alcuni animali abituati al contatto con l'Uomo, e spesso vessati dai loro padroni o da persone a loro vicine, o ancora da pregiudizi diffusi (come avviene ad esempio per il topo più coraggioso di Venezia, del racconto omonimo, torturato da bambini crudeli, o per lo scarafaggio che ci racconta il suo punto di vista sulle persone che vivono intorno a lui, ai suoi occhi altrettanto orrende di quanto a noi possono apparire questi insetti).
Patricia Highsmith ci racconta queste storie attraverso i loro occhi e le loro emozioni, riuscendo perfettamente a mostrare tutta l'umanità di cui sono capaci gli animali, e, specularmente, tutta la bestialità che impregna l'Uomo.
Al lettore regala la soddisfazione di veder fare una direi meritata brutta fine a esponenti del genere umano decisamente abietti e spesso dediti al maltrattamento, espresso in varie forme, degli animali. Quegli stessi animali che si faranno strumento di vendetta nei loro confronti.


Buona lettura!