martedì 29 maggio 2012

Liberazioni





Molti di voi probabilmente avranno già visto questa foto. Io l'ho vista per la prima volta qualche tempo fa, sul blog Asinus Novus, in questo articolo.
E' una di quelle immagini che preferirei non avere mai visto, una di quelle cose che avrei preferito non sapere. Spesso preferirei mettere la testa sotto la sabbia, e ignorare per sempre l'orrore che circonda tanti animali. Vorrei dimenticare tutto ciò che so al riguardo, e vivere pensando che la mia empatia verso gli animali sia la norma a questo mondo.
Ma lo sguardo di questa scimmietta, imprigionata, sottoposta ad esperimenti, e come se non bastasse, e forse questa è la cosa peggiore, umiliata con quella parola tatuata sulla fronte, quello scherno perenne misto a disprezzo, tutto questo mi induce a non poter dimenticare mai, a non poter vivere come se questi orrendi soprusi non esistessero. Se persino io, e tutte le persone come me, abbandonano questi infelici, anche solo con il pensiero, allora queste vittime saranno ancora più sole.
Immagini come questa, e come molte altre probabilmente, devono aprirci gli occhi, per quanto possa essere doloroso.
Creature come questa povera piccola scimmia hanno bisogno di noi. Gli innumerevoli prigionieri dei laboratori di ricerca; gli ancor più innumerevoli animali destinati a venire uccisi nei macelli, considerati merce fin dalla nascita; e tutte le bestie sottomesse ai capricci e alle presunte necessità dell'Uomo.

L'ho già scritto nel primo post di questo blog, ma voglio ripeterlo.
Da bambina con l'immaginazione avevo creato un rifugio bellissimo, nascosto tra le Alpi, in una vallata di quelle belle montagne, percorsa dal vento che faceva ondeggiare i fiori montani e l'erba verde.
Un rifugio sicuro e sereno per tanti animali salvati dai laboratori, dai macelli, da barbare "feste" popolari, e chi più ne ha più ne metta.
Un'agguerrita ed efficientissima Organizzazione segreta ne portava in salvo moltissimi, per nasconderli nel rifugio tra le montagne, o trovando loro altri luoghi sicuri dove potessero finalmente vivere una vita degna di questo nome e dove le loro ferite, fisiche e spirituali, potessero guarire.
Purtroppo era solo la mia fantasia. Un modo, penso, per convivere con la sensazione di impotenza verso questa gigantesca tragedia nascosta e camuffata con cento scuse che è lo sfruttamento degli animali non umani.
Mi capita ancora di attingere a quella mia fantasia, per credere per un attimo che sia una realtà, che posso fare effettivamente qualcosa.
Così voglio immaginare per questa scimmietta, di cui ignoro la sorte, un lieto fine. Voglio immaginare che dopo tante sofferenze, dopo tanto quotidiano scherno, sia stata portata lassù, nel rifugio tra le Alpi, e quell'orrendo tatuaggio sia sbiadito al sole montano, e sulla pelle abbia finalmente sentito la carezza del vento, e che braccia amiche l'abbiano stretta, la sera, in un tenero abbraccio.

Milioni di animali, quotidianamente, sono alla mercé di persone che sembrano aver smarrito qualsiasi empatia e compassione. Nel peggiore dei casi, poi, a questa freddezza si aggiunge anche la crudeltà, l'umiliazione, il piacere di infierire su questi esseri che sono tra gli ultimi della terra, un po' come spesso avviene in guerra, quando sul nemico sconfitto i vincitori sfogano quella che definirei una pulsione oscura, solitamente tenuta a freno nella vita quotidiana, e che la follia dei conflitti porta in superficie.
Ricordate Apocalypse Now? La follia dell'uomo verso l'uomo, magistralmente rappresentata da Coppola sullo sfondo della guerra del Vietnam, è la stessa follia che l'Uomo esercita, ogni giorno, sugli altri animali, e spesso senza nemmeno suscitare quella riprovazione che suscita, giustamente, se le vittime sono altri umani.
 Il "cuore di tenebra" dell'omonimo splendido libro di Joseph Conrad, a cui questo grande film è ispirato, potrebbe essere a mio modo di vedere una tristemente perfetta definizione per racchiudere la violenza perpetrata quotidianamente sugli animali. E le parole del colonnello Kurz, "l'orrore, l'orrore", si estendono a tutte le vittime non umane di questa società impregnata di specismo.

La recente liberazione di alcuni beagles dal famigerato Green Hill ha riportato alla ribalta del grande pubblico la questione dell'attivismo animalista.
Tutti hanno sentito che quell'atto è stato giusto, perché mirava a salvare delle vite. Tutti si sono indignati per l'arresto degli attivisti, e molti si sono chiesti se una legge che consente la sperimentazione e punisce chi sottrae alla sofferenza degli esseri viventi, sia una legge giusta.
La reazione della stragrande maggioranza della popolazione è stata dunque di solidarietà con queste persone coraggiose, e con questi cani.
Occorre però coltivare la stessa empatia per tutti gli animali prigionieri e accogliere con la stessa esultanza le liberazioni di animali d'allevamento, o di ratti di laboratorio. Il cane è ovviamente un animale che ci è particolarmente vicino e dunque caro, ma non possiamo dimenticare tutti gli altri. Non ci sono animali di serie A e animali di serie B. Tutti meritano la nostra compassione, la nostra vicinanza, il nostro aiuto.

Personalmente non so se avrei il coraggio di andare a liberare degli animali. Non tanto per le possibili conseguenze penali. Il fatto è che credo non potrei sostenere quello che troverei in quei luoghi, e il non poter probabilmente mettere in salvo tutti.
Quello che farei con tutto il cuore è occuparmi di quegli animali dopo, ridare loro fiducia e non fare mai mancare una carezza, accompagnandoli verso una vita finalmente serena.
In questo non mi tirerei mai indietro. Ma trovarmi faccia a faccia con l'orrore della loro prigionia, in tutta onestà non so se ne ho la tempra.

Ho intitolato questo post Liberazioni. Perché ritengo che è questo ciò di cui tanti e tanti animali hanno davvero bisogno. Che si vada a portarli via dai luoghi d'orrore in cui sono tenuti, che li si liberi.
Le parole, o i sogni, purtroppo non li strapperanno alla sofferenza. Loro continueranno ad essere umiliati e a morire intanto che, forse, lentamente, gli esseri umani cambieranno il loro modo di rapportarsi agli animali.
Tutta la mia ammirazione quindi per gli attivisti di Green Hill e per tutti gli altri in giro per il mondo che  agiscono, in barba alle nostre leggi umane che proteggono i laboratori di vivisezione o gli allevamenti di animali a scopo alimentare o per trasformarli magari in pellicce.
Queste persone coraggiose, additate spesso dalla nostra società come fanatici, o eccessivi, ma che in realtà con le loro azioni cambiano davvero le cose, dando a degli animali altrimenti condannati la possibilità di vivere. Dando loro dunque quel diritto ad un'esistenza degna e naturale, che parrebbe basilare, ma che con tanta noncuranza viene di continuo calpestato.





3 commenti:

  1. Cara Martigot,
    anche a me quella foto ha lasciato sgomenta e mi ha particolarmente colpita e rattristata. Quella scritta sulla fronte contiene in sé una brutalità inspiegabile, folle, irrazionale. Una brutalità cieca.
    E' come se la scimmietta indifesa fosse stata doppiamente umiliata: doppiamente perché non sapendo di quella scritta, non ha nessuna possibilità di potersi difendere. Un atto vile a tradimento. Aggiungere l'umiliazione a quello che già ha dovuto sopportare è davvero un atto che non merita commenti.
    Mi domando quanto debba essere fondo il baratro in cui è scivolato l'animo della persona che si è divertita nell'apporre la scritta.
    Condivido ovviamente tutto ciò che scrivi.

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  2. Mi capita sempre più spesso di vergognarmi di appartenere ad una specie capace di tanto orrore!
    E questa storia è solo l'ultima di migliaia...
    Un caro saluto.

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  3. Triste ma purtroppo veritiero.
    Ti dico la verità... confido nei Maya!

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