mercoledì 17 ottobre 2012

Noi e loro



Come scrivevo recentemente sul blog Il Dolce Domani, in riferimento a questo articolo , spesso, se mi soffermo troppo a pensare, mi sento in colpa. In colpa per essere nata essere umano, nella parte benestante del mondo, e poter quindi vivere sicura e libera, e decidere più o meno della mia esistenza.
Se fossi nata di un'altra specie probabilmente alla mia età non ci sarei nemmeno arrivata, mi avrebbero ammazzata prima, e senza neanche troppi riguardi, tanto sarei stata niente più che un prodotto, un cibo che ancora cammina. Avrei vissuto prigioniera, in un posto gradevole se mi andava bene, o magari neanche quello, e sarei cresciuta in un box in un capannone e non avrei mai visto la luce del sole, non avrei mai sentito il vento sul viso, non avrei mai potuto conoscere la felicità e l'amicizia.
Eppure sarei comunque stata io, diversa, sì, la mia struttura mentale sarebbe stata altra, certamente, ma sarei stata io. E nessuno lo avrebbe mai saputo, a nessuno sarebbe mai importato. Avrei avuto la mia personalità, e dopo di me non ci sarebbe più stato un individuo davvero identico a ciò che ero io, eppure sarei stata trattata come un oggetto e nessuno mi avrebbe mai teso una mano.
Non vi sarebbe stata salvezza, e io lo avrei saputo, e avrei avuto tanta paura, un vero terrore, e allo stesso tempo sarei stata così triste, io che non avrei voluto altro che un po' di compassione, un po' d'amore, un po' di dignità.

Tutto è una fatalità. Ad esempio nascere in un paese pieno di benessere anziché in una nazione povera; nascere maschio o femmina; essere umano o animale.
 Questo pensiero dovrebbe aiutarci a metterci nei panni degli altri, specialmente di quelli che non hanno colpe della propria sventura. Empatia. Ma spesso siamo troppo presi dalla nostra quotidianità con i suoi piccoli grandi problemi, e dalle nostre piccole grandi miserie personali, e per la sofferenza altrui non resta che un piccolo pensiero e un sospiro. Come cantava De André, "per tutti il dolore degli altri è dolore a metà". Specialmente quello degli animali, ultimi degli ultimi nella generale scala di importanza.
Spesso, mentre sono in giro, per la città, o sul treno, vorrei chiedere alla gente intorno a me, pensate mai a loro? Sì, loro, gli animali. Che ne pensate? Che posto hanno nella vostra vita? Perché viviamo tutti come se la loro quotidiana tragedia non ci riguardasse, o fosse una sofferenza di serie B rispetto alla nostra? Credete che non meritino la nostra protezione, il nostro rispetto? Eppure sono esseri viventi, proprio come noi, non sono cose, questo almeno lo riconoscete.

Se provassimo anche solo per un istante quello che provano loro, vittime inermi della nostra brutalità legalizzata, sono certa che non dimenticheremmo mai quel terrore e quella infinita infelicità.
E allora sì, capiremmo che cosa significa essere loro.






2 commenti:

  1. Ciao Martigot,
    anche io mi reputo una persona fortunatissima, non solo sono nata in questa parte di mondo dove c'è benessere, ma persino in un'epoca in cui tutto sommato sono già stati acquisiti da tempo i diritti fondamentali dell'essere umano e, soprattutto, appunto, appartengo alla specie umana, ché sicuramente se fossi nata vitello o maiale le cose sarebbero state molto diverse.
    Eppure penso a quanto potrebbe essere meraviglioso nascere uccello e poter volare o gatto, cane o qualsiasi altro animale, se solo... avessi la certezza di poter essere lasciata in pace a vivere la mia vita.
    Ho provato tante volte ad immedesimarmi nei tanti individui che sono rinchiusi dentro gli allevamenti a vivere una non-vita in attesa di essere mangiati, e sempre mi ha assalito un'angoscia terrificante. Dev'essere per questo che ad un certo punto ho deciso di impegnarmi per porre fine a questo stato di cose, perché il pensiero di questi esseri senzienti sfruttati e maltrattati fino all'inverosimile mi è insopportabile.
    Non so darti una risposta, ossia perché ad alcuni di noi viene così facile riuscire ad immedesimarci mentre per tanti altri gli animali continuano a restare quegli "invisibili" senza nome nati per essere mangiati. Cultura, informazioni, sensibilità... mi pare che non sia una risposta sufficiente. Conosco persone sensibili, istruite ecc. che pure rimangono indifferenti di fronte alla sofferenza degli animali. Penso che una gran massa di persone non abbia proprio capacità critica e quindi sarà in grado di mutare sensibilità solo quando saranno mutate anche le leggi ed il costume. Persone per cui giustizia equivale a ciò che è legale o meno e che quindi continueranno a credere che mangiare animali sia giusto solo perché legale.
    Un abbraccio e grazie per aver messo il link al mio blog. :-)
    Bacino anche a Clint. :-)

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    1. Secondo me l'abitudine allo sfruttamento viene in primo luogo appunto dall'abitudine, che ha portato la maggior parte delle persone a credere che sia normale che certi animali finiscano nel nostro piatto (perché generalmente la vita degli animali viene purtroppo considerata decisamente meno importante della nostra, aimé).
      Da qui poi l'assuefazione a certe abitudini alimentari, difficili da cambiare (e qui mi ci metto pure io, perché se non sono diventata vegetariana prima è stato unicamente per il mio attaccamento a certi sapori, tipo i salumi), non per insensibilità o cattiveria, ma secondo me più che altro per golosità o comodità.
      Insomma un circolo vizioso.
      Dovrebbero cambiare le leggi, come dici tu, delle severe direttive dall'alto punto e basta. Cosa purtroppo molto improbabile, essendo gli animali l'ultima ruota del carro, essendo degli invisibili. Poi tutte le aziende che campano sullo sfruttamento degli animali, e tutti i paladini dello slow food, immagina come la prenderebbero, e tutti quelli che direbbero, eh, no, mica vorrete toglierci la nostra bresaola, o quel salamino nostrano?
      Io non sono una santa, certi gusti piacciono pure a me, ma se non li trovassi più in commercio me ne farei una ragione (anzi, meglio, così non avrei neanche la tentazione), di certo non farei la pelle a nessun animale per sopperire (giuro che non acchiapperei mai neppure un salmone pure se mi passasse davanti), e come me credo la maggior parte della gente.
      Mah, speriamo che invece dell'apocalisse i Maya abbiano previsto un cambiamento che includa anche finalmente i nostri amici animali :-)

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