mercoledì 12 ottobre 2011

I viaggi della morte

Ricordo una mattina presto di qualche anno fa, ero in viaggio in autostrada. Era ancora buio, la nebbia serpeggiava oltre i guardrail, avvolgendo nelle sue spire biancastre palazzi di periferia, campi, grigie zone industriali. Qua e là occhieggiavano lampioni aranciati, reduci della notte. L'autostrada era già parecchio trafficata, soprattutto c'erano molti camion. Seduta sul sedile passeggeri, guardavo dal finestrino, lasciando scorrere lo sguardo sulle fiancate dei tir che sorpassavamo. Ricordo che nella mente avevo la melodia di una canzone.
Poi l'auto ha sorpassato un camion che trasportava animali. Le parole della canzone si sono zittite nella mia mente. Mi sono ricordata di quando ero bambina e percorrevamo l'autostrada d'estate per andare in vacanza. Io temevo sempre di scorgere un camion adibito al trasporto di animali. Era una vista che mi metteva i brividi, intravedere quei poveri esseri dietro le orrende feritoie, nel caldo torrido dell'estate. Così cercavo di non guardare troppo bene, ma finivo sempre col farlo. Dopo, quando ormai il camion era lontano alle nostre spalle, continuavo a pensarci per molto tempo ancora e a rivedere quegli animali stipati, in balia del loro destino.
Diversi anni più tardi andai in gita a Roma con il coro del liceo. Durante il viaggio ci fermammo ad un autogrill e mentre ci dirigevamo al bar passammo accanto ad un camion parcheggiato. Il suo carico, dai grandi occhi smarriti, erano dei vitellini. Io e altre ragazze ci fermammo, incapaci di passare oltre come se nulla fosse. Li guardavo, quei vitelli, così vicini ora, non più solo sagome intraviste per qualche istante da un'auto in corsa. Quando il nostro pullman ripartì non feci che pensare a quegli animali. Ci pensavo ancora qualche ora dopo, mentre con i miei compagni mi accingevo a visitare Cinecittà. Pensavo a quanto meraviglioso sarebbe stato aver potuto salvare quei vitellini, per portarli in un luogo bellissimo e sicuro, dove sarebbero cresciuti e un giorno sarebbero morti di vecchiaia. Invece in quel momento probabilmente erano già stati uccisi.
Da allora, almeno fino a quell'alba di diversi anni dopo, mi è capitato di rado di vedere uno di quei camion, forse perché, a quanto so, viaggiano prevalentemente di mattino presto, o col buio. Forse per nascondersi nelle tenebre e alla nostra coscienza. Come se si sapesse che è qualcosa di indegno, da tenere celato il più possibile.
Ma ci penso, a quei camion che transitano ogni giorno e percorrono chilometri e chilometri, nel caldo torrido dell'estate o nel freddo pungente dell'inverno, avanzando inesorabili verso la destinazione finale, con il loro carico inerme. Mi capita di pensarci soprattutto prima di dormire, e sento una tristezza infinita nel cuore. E sempre torna il mio sogno, salvarli, portarli in un luogo tranquillo, tra prati di soffice erba verde circondati da alte montagne, un luogo senza sbarre, né dolore, né paura, ma solo pace e cielo azzurro e alberi per ripararsi dal sole e una stalla quando piove.
Quella mattina in autostrada, osservando con un brivido le sagome beige dietro le feritoie, mentre il cielo schiariva, ho pensato che quello era l'ultimo mattino di quegli animali, e ho sentito nel cuore lo stesso orrore che si impadroniva di me da bambina. Questa è una cosa orribile, pensavo già allora, una delle più orribili. E coloro che obiettano, in fondo sono solo animali, ci sono problemi ben più gravi al mondo, c'è tanta gente che soffre, io rispondo che questo non giustifica lo sfruttamento e le sofferenze inflitte a milioni di animali. I trasporti verso la morte, e la conseguente uccisione di milioni di animali, sono una vergogna per una società che si vuole evoluta e civile, e penso che ogni persona dotata di un minimo di sensibilità dovrebbe indignarsi per questo, e per la condizione di sofferenza, prigionia e morte che riserviamo a tanti esseri viventi.
Un biglietto di sola andata, una rappresentazione tragicamente efficace per descrivere il destino di tanti animali
(tratto da Compassion in World Farming)

2 commenti:

  1. Venerdì 14 ottobre, alle 6.45 di mattina, un gruppo di attivisti è salito sul tetto dell'allevamento "Green Hill" di Montichiari (BS), specializzato nell'allevamento di cani beagle. In questa fabbrica degli orrori, i cuccioli vengono cresciuti in gabbie strettissime e privati fin dalla nascita della luce del sole, dell'aria fresca e di qualsivoglia forma di affetto. Vengono quindi rivenduti ai laboratori di vivisezione e alle aziende farmaceutiche, che compieranno su queste creature i più atroci esperimenti.
    La protesta di venerdì 14 e sabato 15 ottobre 2011, messa in atto da un gruppo di animalisti, è FONDAMENTALE per sensibilizzare l'opinione pubblica sull'argomento e portare finalmente alla chiusura di questo lager - come già accaduto con l'allevamento Morini.
    Purtroppo, è in atto una manovra per mettere a tacere tutto e far sì che la notizia dell’azione contro Green Hill non si diffonda: il sito “Fermare Green Hill” sembra che sia stato oscurato (in ogni caso da ormai molte ore non è accessibile) e la Digos ha impedito ai giornalisti di avvicinarsi ai manifestanti.
    Per questo è importante che TUTTI si diano da fare la presente notizia tra i propri contatti e-mail, sui blog e attraverso i principali social network.

    Qui di seguito, un paio di link informativi:

    http://natividad-blog.blogspot.com/2011/10/greenhill-questo-lager-deve-chiudere.html
    http://www.greenme.it/informarsi/animali/5978-green-hill-blitz-vivisezione

    Per i cani di “Green Hill” anche un semplice copia e incolla può essere importante!
    Grazie a tutti coloro che vorranno collaborare.


    Carissima, scusa se mi sono permessa di pubblicare questo avviso fra i commenti del tuo blog, ma ritengo che sia urgente e importante diffondere quanto più possibile questa notizia: Digos e polizia stanno cercando di evitare in tutti i modi che si sappia quanto sta accadendo a Montichiari! Se ti ho arrecato disturbo, cancella pure questo messaggio - e scusami.

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  2. E' vero, anche da io piccola ne vedevo tanti di questi tristissimi camion carichi di innocenti creature dirette verso la morte - e sempre, come capitava a te, provavo un immenso dolore -, mentre ora è raro vederli passare in autostrada e questo non perché - come sarebbe bello credere - ce ne siano di meno, ma semplicemente perché si cerca di nascondere alla gente la verità dell'orrore dello sfruttamento e del massacro degli animali e quindi viaggiano prevalentemente di notte. E sempre per lo stesso motivo i mattatoi e gli allevamenti intensivi, i laboratori per la vivisezione, le fabbriche delle pellicce ed altre mostruosità del genere vengono costruiti in zone non accessibili, lontane dai centri abitati.
    Tornando a "Green Hill", già la scelta del nome è molto subdola ed è finalizzata a nascondere la triste realtà che vi si cela dietro, infatti significa "collina verde", peccato però che i poveri beagles che vi sono rinchiusi non vedranno mai in tutta la loro breve esistenza una sola collina verde.
    Grazie per aver commentato il mio post, così ho avuto modo di venire a conoscenza anche del tuo blog (poi con calma leggerò anche gli altri tuoi articoli).
    Un saluto :-)

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