giovedì 10 marzo 2016

A proposito dell'upupa, ovvero l'ilare uccello calunniato dai poeti



Disegno di un'upupa trovato in internet


Ammetto che fino a ieri dell'upupa non conoscevo neppure l'aspetto. Per le mie vaghe nozioni, questo uccello era legato ad una sinistra fama grazie al Foscolo e ai suoi Sepolcri.
Sapevo che in realtà la povera upupa non aveva proprio niente di sinistro, triste o malevolo, anzi, era proprio l'opposto, ma non avevo mai approfondito più di tanto.
Poi ieri nel tardo pomeriggio, sprofondata nel divano vittima di un bel raffreddore, incappo in un documentario proprio su questo volatile, intitolato " Il Ritorno dell'Upupa ".
Pur non essendo appassionata di documentari naturalistici, questo in particolare ha subito catturato la mia attenzione per la bellezza delle riprese, la cura nel descrivere il luogo, meraviglioso, in cui si svolge la vicenda (la campagna della bassa Austria) e la storia al centro del racconto, ovvero l'amore di Manfred, abitante della regione, per le upupe.
Questo signore costruisce personalmente "casette" in legno dove questi uccelli possono andare a fare il nido. Manfred tiene monitorate le famiglie di upupe attraverso telecamere installate nelle casette. Può così vedere se stanno bene, se le uova si schiudono.
Una notte d'estate si scatena un temporale violentissimo. Manfred perde il segnale di una delle telecamere. Il mattino seguente si reca sul posto e scopre che, come temeva, la casetta è stata distrutta dalla furia degli elementi. Nello schianto mamma e piccoli sono morti. Tutti tranne uno dei pulcini.
Manfred lo prende e lo porta a casa. Lo nutre come avrebbero fatto i suoi genitori, con lombrichi e insetti. Il piccoletto cresce, diventa una giovane upupa con la sua cresta fiera e buffa insieme.
Tra il volatile e Manfred si crea un legame di fiducia e di affetto.
L'upupa gli sta volentieri sulla spalla, gli strofina il capo sulla guancia, cammina davanti a lui quando Manfred la porta nel vigneto. Sì perché di volare ancora non ne vuole sapere, non è ancora pronta, dice Manfred, che di upupe ne ha conosciute tante e sa che ognuna è fatta a modo suo, proprio come noi.
Intanto le giovani upupe dei dintorni hanno lasciato le loro casette, hanno spiccato il volo e si preparano alla migrazione. Tutte tranne quella di Manfred.
Poi anche lei, finalmente, sbatte le ali e si alza da terra, e la vediamo volteggiare nel capanno dove Manfred lavora.
E' arrivato il momento di farla partire, di affidarla al suo istinto, che la guiderà lontano lontano e poi la riporterà indietro, tra i campi d'oro e i vigneti della bassa Austria dove è nata.
Manfred la prende e la porta in un campo bagnato dal sole d'estate. E ' difficile per lui separarsi da quella piccola creatura a cui è unito da un legame così speciale, ma sa che è giusto che ognuno segua la propria natura e il proprio destino.
Alza le mani, tra le quali tiene delicatamente la giovane upupa, le apre e lei spicca il volo. Si alza nel cielo azzurro, verso il sole, con quel caratteristico volo quasi ubriaco tipico della sua specie.
Manfred sa che è giusto così, e la guarda diventare sempre più piccola nel vasto cielo sopra i campi. Sa che la giovane upupa vedrà da lassù molto più mondo di quanto potrà mai fare lui nella sua vita.
Ma lui è un sedentario, il suo posto è lì in quell'angolo di campagna, a dedicarsi a quei piccoli, buffi, eleganti uccelli che conosce tanto bene.
"Perché fai tutto questo per le upupe?" gli chiedono talvolta i suoi amici.
Manfred non risponde, si limita a dire che le upupe questa domanda non gliela fanno mai.

Una storia bellissima, emozionante, narrata con immagini di grande impatto e bellezza (ho scoperto che ha anche vinto un festival), che mi ha davvero colpita e che vi consiglio.
Qui sotto il video, l'ho trovato su youtube soltanto in inglese, ma credo che sul sito della RAI sia forse possibile trovare la versione doppiata in italiano.