mercoledì 24 ottobre 2012

La storia di Fred

Fred era appena più di un cucciolo quando venne portato alla clinica veterinaria dove mia cugina lavorava come assistente di studio. Il povero Fred era stato investito da una macchina e doveva essere operato. Solo che il suo padrone disse che, siccome già era stato investito tempo prima e già era stato operato, lui non aveva più intenzione di sborsare altri soldi, e che aveva deciso di farlo sopprimere.
La moglie non era d'accordo, perché evidentemente lei a Fred voleva bene. Ma a quel tizio non importava neanche di questo.
Mia cugina subito disse ai veterinari che se lo sarebbe preso lei. Così finsero con l'uomo di averlo soppresso, dicendo la verità solo alla moglie, che ne fu molto sollevata.
Fred venne operato a spese della clinica e poi mia cugina se lo portò a casa.
Mia zia non era per niente entusiasta, mentre mio zio, che da anni parlava di prendere un cane, fu contento come una pasqua e da subito tra lui e Fred si instaurò un rapporto speciale. Vedendoli insieme ho sempre l'impressione che dovessero incontrarsi, tanto sono fatti l'uno per l'altro.

"Non preoccupatevi, resterà sul piccolo" disse mia cugina, non so quanto in buona fede.
Tempo dopo vado a trovare mia nonna, che vive nella stessa palazzina di questi miei zii, e per la strada vedo mia cugina che passeggia con al fianco un cane alto, con le zampe sottili, una coda a riccioli e un corpo indefinito, direi simile a quello di una iena. Una specie di licantropo, insomma :-)
Fred era cresciuto.

Quando si va a trovare mia nonna mio zio fa sempre un salto su da lei con il cane. Il quale inizialmente vedendo delle persone a cui non è abituato abbaia come un forsennato ("è un cane da guardia" dice orgogliosamente mio zio), poi si calma e si mette a dormire accanto alla sedia di mio zio. Oppure, se si è intorno al tavolo e si sta mangiando qualcosa (tipo una delle atroci torte di mia nonna, se vi interessa approfondire leggete qui), passa in rassegna ogni commensale, e ti osserva con quei suoi occhi marroni come castagne e ovviamente tu gli allunghi qualcosa (anche perché così puoi disfarti della fetta di torta mattone). Fred non è una bellezza sconvolgente, anzi, direi che sembra formato da pezzi presi da almeno tre cani diversi, un Frankenstein canino insomma, ma quando lo guardi nei suoi bellissimi occhi il suo aspetto non ha più alcuna importanza.
Per mio zio poi Fred è bellissimo. Ci decanta spesso quella coda da husky, la sua attitudine da cane lupo, quelle alte zampe esili (che poi quelle davanti sono un po' più in carne rispetto a quelle posteriori, mah), e, ciliegina sulla torta, il suo lato dobermann (che non so dove lo veda, obiettivamente il dobermann è un cane splendido, il povero Fred, con il suo corpo da iena, non è esattamente la stessa cosa). L'Amore.

Se mio zio va in bagno, lui lo aspetta davanti alla porta. Appena lui si alza, subito lo segue. Le rare volte che mio zio va in vacanza, il povero Fred languisce nella depressione. E quando poi lui torna gli fa tante di quelle feste che non si riesce quasi a calmarlo. Se andiamo a mangiare la pizza al ristorante al piano terra della palazzina, mio zio torna su in casa quasi appena finito di mangiare, perché "sapete, il cane". Quando torna dal lavoro passa a prendere Fred e poi tutti e due camminano di buona lena su per la stradina di ciottoli del paese, fino al piccolo terreno di mia nonna, dove passano molto tempo, mio zio a lavorare nella sua officina e Fred sdraiato lì fuori o a tampinare mia nonna perché gli allunghi qualche bocconcino.

Un uomo e un cane. La figura alta, magra magra di mio zio, che con la sua barba folta mi fa sempre pensare a Karl Marx oppure ad un bolscevico, uscito da una fotografia di un libro di storia; e Fred, ritto sulle sue alte zampe magre magre e il suo corpo strano, poco armonioso.
Uno accanto all'altro, nel terreno della nonna, a guardare verso i boschi che coprono la collina, con i loro occhi nocciola.




P.S. non ho purtroppo nessuna fotografia di Fred, mi riprometto di scattarne una a lui e a mio zio insieme.

lunedì 22 ottobre 2012

Udite udite

Comunico l'apertura di un nuovo blog della sottoscritta, Una sognatrice con le scarpe da tennis, dove riunirò post su vari argomenti, riflessioni, frivolezze, libri, cinema, arte, insomma, tutto quello che mi appassiona e che penso valga la pena di essere condiviso (o magari no, e sarò l'unica a bearmene, mi direte poi se vi capiterà di passare di lì :-)

Continuerò naturalmente a scrivere anche qui.

buona serata a tutti

mercoledì 17 ottobre 2012

Noi e loro



Come scrivevo recentemente sul blog Il Dolce Domani, in riferimento a questo articolo , spesso, se mi soffermo troppo a pensare, mi sento in colpa. In colpa per essere nata essere umano, nella parte benestante del mondo, e poter quindi vivere sicura e libera, e decidere più o meno della mia esistenza.
Se fossi nata di un'altra specie probabilmente alla mia età non ci sarei nemmeno arrivata, mi avrebbero ammazzata prima, e senza neanche troppi riguardi, tanto sarei stata niente più che un prodotto, un cibo che ancora cammina. Avrei vissuto prigioniera, in un posto gradevole se mi andava bene, o magari neanche quello, e sarei cresciuta in un box in un capannone e non avrei mai visto la luce del sole, non avrei mai sentito il vento sul viso, non avrei mai potuto conoscere la felicità e l'amicizia.
Eppure sarei comunque stata io, diversa, sì, la mia struttura mentale sarebbe stata altra, certamente, ma sarei stata io. E nessuno lo avrebbe mai saputo, a nessuno sarebbe mai importato. Avrei avuto la mia personalità, e dopo di me non ci sarebbe più stato un individuo davvero identico a ciò che ero io, eppure sarei stata trattata come un oggetto e nessuno mi avrebbe mai teso una mano.
Non vi sarebbe stata salvezza, e io lo avrei saputo, e avrei avuto tanta paura, un vero terrore, e allo stesso tempo sarei stata così triste, io che non avrei voluto altro che un po' di compassione, un po' d'amore, un po' di dignità.

Tutto è una fatalità. Ad esempio nascere in un paese pieno di benessere anziché in una nazione povera; nascere maschio o femmina; essere umano o animale.
 Questo pensiero dovrebbe aiutarci a metterci nei panni degli altri, specialmente di quelli che non hanno colpe della propria sventura. Empatia. Ma spesso siamo troppo presi dalla nostra quotidianità con i suoi piccoli grandi problemi, e dalle nostre piccole grandi miserie personali, e per la sofferenza altrui non resta che un piccolo pensiero e un sospiro. Come cantava De André, "per tutti il dolore degli altri è dolore a metà". Specialmente quello degli animali, ultimi degli ultimi nella generale scala di importanza.
Spesso, mentre sono in giro, per la città, o sul treno, vorrei chiedere alla gente intorno a me, pensate mai a loro? Sì, loro, gli animali. Che ne pensate? Che posto hanno nella vostra vita? Perché viviamo tutti come se la loro quotidiana tragedia non ci riguardasse, o fosse una sofferenza di serie B rispetto alla nostra? Credete che non meritino la nostra protezione, il nostro rispetto? Eppure sono esseri viventi, proprio come noi, non sono cose, questo almeno lo riconoscete.

Se provassimo anche solo per un istante quello che provano loro, vittime inermi della nostra brutalità legalizzata, sono certa che non dimenticheremmo mai quel terrore e quella infinita infelicità.
E allora sì, capiremmo che cosa significa essere loro.






lunedì 1 ottobre 2012

Un po' di leggerezza...con il gatto di Simon

In un blog dalla parte degli animali spesso, purtroppo, bisogna scrivere di episodi che vanno dal triste al terribile, e più ci si addentra nell'argomento più sembra che le angherie dell'Uomo nei loro confronti non conoscano limiti.
Io cerco di intercalare post che raccontano questo aspetto a racconti felici di animali che popolano la mia vita o con storie a lieto fine che penso vadano raccontate per dimostrare che un destino sereno è possibile anche per loro.
Questo post si inserisce in questo "filone".
Forse lo conoscete già, io ho scoperto le avventure di questo gatto recentemente e lo trovo fantastico, spero vi divertiate a guardarlo come mi diverto io  :-)