martedì 30 dicembre 2014

Di storioni e di pensieri

Alla radio svizzera oggi ho sentito un servizio di quelli che in men che non si dica mi mettono davvero di cattivo umore.
La presentazione del servizio, nei titoli, era a grandi linee il seguente: in questo periodo di festività, con relativi pranzi e cene speciali, vi parliamo di una prelibatezza che dà un tocco in più alla vostra tavola, ovvero il caviale. Ma non caviale russo, caviale svizzero, prodotto in un ridente paesino delle Alpi elvetiche, di cui ho già dimenticato il nome.
Già dal lancio del servizio mi sono corrucciata.
Perché se c'è una cosa che proprio mi suscita rabbia e orrore insieme sono questi "reportages" realizzati sul cibo di origine animale. In genere chi realizza questi servizi di tutto parla tranne che della questione etica. Parla di ricadute positive sull'economia locale, di chilometri zero, magari, o di slow food, o della tradizione e della genuinità, ma non considera proprio tutti gli sventurati animali che ci lasciano la pelle. Come se fosse un'inezia, un fatto talmente normale e ineluttabile che neanche merita di essere menzionato.
Questo piccolo reportage non ha fatto eccezione. Ho ascoltato la descrizione delle vasche piene di storioni, che nuotano lì dentro prima di essere uccisi, e il freddo resoconto delle fasi del loro allevamento, fino alla fase finale, quando gli sventurati pesci vengono sventrati in modo da appropriarsi delle loro preziose uova, che devono essere di un colore ben preciso eccetera eccetera.
Così, come fossero frutti che una volta maturi devono essere colti.
Peccato che il caviale non cresce dalla terra o su un albero, ma nella pancia di un essere vivente chiamato storione.
Avevo già letto tempo fa un racconto analogo sull'allevamento degli storioni, e anche quella volta avevo trovato particolarmente orribile questa pratica.
Posto che ogni forma di allevamento con fine alimentare è orribile in sé, questi poveri pesci mi fanno davvero una grandissima pena.
Detto da una che ogni tanto si mangia del salmone è ipocrita, probabilmente, anzi, senza probabilmente, ma la mia compassione è sincera.

E' scoraggiante constatare le innumerevoli forme dello sfruttamento animale, ognuna con la propria dose di crudeltà e di indifferenza per i milioni di esseri viventi nati per essere sacrificati.
In questi ultimi tempi ho trascurato questo mio piccolo blog, a causa della mia cronica incostanza, sì, ma anche e soprattutto perché non volevo più pensare a tutto l'orrore in cui sono immersi tanti e tanti animali, ogni giorno, ovunque.
E' dolce rifugiarsi nel proprio mondo, dove non c'è posto per questa assurda crudeltà, e dove tutti gli animali possono vivere la loro esistenza in modo sereno.
Ma poi capita di sentire notizie come quella di cui ho parlato in questo post, e ti rendi conto che là fuori l'orrore è sempre lì. E almeno un pensiero, a tutte quelle vite perdute, lo devi.
Io non sono un'attivista sul campo, perché il pensiero di essere a contatto con quella crudeltà mi uccide, e immagino che questo sia un mio limite.
Non sono neanche una persona d'azione, suppongo, né particolarmente dinamica.
Anche per questo ho sempre amato scrivere, e sognare.
Vorrei che queste "armi" bastassero, ma so che non è così.
Eppure, nel mio piccolo, sono le mie armi.

A tutti voi che passate da qui, miei lettori e naviganti approdati casualmente su questa riva, auguro un sereno 2015. Con l'augurio che ognuno di noi, nel proprio piccolo, coltivi il prezioso fiore dell'empatia, che possa diffondere sempre più lontano il proprio dolce profumo.





giovedì 30 ottobre 2014

Bianche piume

Stasera mi è capitato di vedere per la seconda volta il promo della prossima puntata di Report, nota trasmissione di inchiesta e denuncia di RaiTre.
Si parlerà di piume d'oca. Non guarderò la puntata, perché se posso evitare di vedere le crudeltà perpetrate ai danni degli animali, evito.
Voglio comunque fare un' osservazione ricavata dal promo.
Magari si tratta solo di impressioni, che verrebbero smentite vedendo la puntata, ma tant'è.
Dunque, non mi piace il taglio che sembra essere stato dato alla cosa. Ovvero il fatto che parecchie piume d'oca non sarebbero di grande qualità, infatti si vede la giornalista che raccoglie una piuma bruttarella (per intenderci, tipo quelle grigiastre che i poveri piccioni delle nostre città lasciano talvolta sui marciapiedi).
Insomma, morale: ai consumatori vengono fatti pagare fior di soldi indumenti e accessori imbottiti con piume scadenti.

Ora, io dico, ma è questo il problema principale? Oppure sarebbe il caso di parlare di mettere un bel pietrone su questa tradizione di spiumare dei poveri pennuti per imbottire piumoni, giacche invernali, e chi più ne ha più ne metta?
Voglio dire, siamo nel 2014, penso che potremmo anche darci un taglio e utilizzare, magari, quei bei tessuti caldi e tecnologici, e lasciare le piume alle loro legittime proprietarie, le oche.
L'imbottitura di piuma d'oca non è un lusso, è una crudeltà.
Quelli che si comprano capi costosi confezionati in questo modo, secondo me sbagliano in partenza.
Se poi vengono fregati, peggio per loro, non mi interessa.
A me interessano le povere oche, sfruttate e spiumate. Non credo che a voi piacerebbe ricevere un trattamento simile, no?
Nel promo si intravedono, sullo sfondo, strette le une alle altre, come per farsi coraggio nella sventura. E in primo piano le loro soffici piume.

Mi auguro che si parlerà anche di loro, nella puntata, e non solo delle fregature che possono prendere i consumatori, che non sono nulla in confronto alla crudeltà assurda di cui sono vittime quelle povere bianche creature.
Non mi piace per niente il distacco che spesso si avverte nei confronti degli animali e della loro sorte in questo tipo di trasmissioni, dove le bestie sono in fondo considerate merce, bestiame, materia prima, e diventano degne di attenzione solo subordinatamente a noi e ai nostri "bisogni".
Ma non vengono considerati individui, e la loro sofferenza passa sempre in secondo piano, come un male minore.
Anche questo approccio giornalistico perpetua lo specismo.

Se in questo caso verrò smentita, meglio, ma non ci conto troppo.

 illustrazione di Beatrix Potter



martedì 16 settembre 2014

Di una nuova strada...e dell'era dello shih tzu

Sto trascurando questo mio piccolo blog, e me ne dispiace, ma temo sia quasi inevitabile data la mia cronica incostanza.
Vedo, in ogni caso, che sempre più spesso su queste pagine mi ritrovo a parlare degli animali che popolano la mia vita. Il blog sta prendendo sempre più una strada personale, più che universale.
Sono convinta che le cose, spesso, si incamminano da sè per la propria direzione, e per ora pare che la direzione sia questa.
Forse è un modo per difendermi da tutte le storie orribili di cui sono protagonisti tanti e tanti animali.
Mi piace pensare che qui, nel mio piccolo, si parli di storie liete, si possa sorridere per un attimo, di tenerezza, di sollievo.
Spero che mi seguirete su questa strada, cari lettori.
Ne approfitto per mandare un saluto speciale a Silvia, Rita e Maura. Vi leggo sempre, anche se non mi sono più molto palesata ultimamente, ma ci sono, ci sono  :-)

Dunque, detto ciò, passiamo a lui, il piccolo essere capellone che da metà luglio fa parte della mia vita: Basilio!
Io ho sempre desiderato un cane, da quando posso ricordare. L'immagine di un essere umano con il suo cane a fianco è sempre stata presente vivida nei miei pensieri.
E così, finalmente, tanto ho brigato che posso dire: ho un cane.
Cane, oddio...più che altro sembra un piccolo yeti, oppure un Ewok (ricordate Guerre Stellari?).
Basilio è meraviglioso. E' buono, innanzitutto, una bontà che mi ricorda tanto la mia carissima Polly.
E qualche volta, in studio, si sdraia proprio dove si sdraiava sempre lei.
Poi è una buona forchetta, il che mi ricorda molto me stessa.
Altra cosa, è proprio bello. Soprattutto quando passeggiamo e c'è un po' di vento, bè, fa la sua scena con la chioma mossa dalle folate. D'accordo, la bellezza non è poi così importante. Ma, io dico, se c'è, meglio, no?  :-)
Ma la cosa che amo di più in lui è che è ben disposto verso chiunque. Non ha niente dell'alterigia che traspare dalle foto di certi shih tzu da show (che poi probabilmente nella vita di tutti i giorni sono delle ottime paste come Basilio, eh). Lui è proprio terra a terra, sempre pronto a regalare uno scondinzolio ad un bambino, ad un operaio che sta tagliando una siepe lungo il marciapiede, al custode del palazzo del sindacato qua vicino, ad una signora claudicante che abbiamo incontrato l'altro giorno.
Lui regala sorrisi. Perchè bisogna proprio essere induriti e inariditi per non lasciare affiorare un sorriso incontrando il suo faccino.
A volte lo solleva, quel suo faccino dagli occhi un po' a mandorla (mica per niente viene dall'Oriente, no?), e mi osserva dritto negli occhi.
Come a dire, "Sono qui, il tuo cane zen è qui".
Grazie, Basilio. Ci siamo proprio trovati.

Basilio versione Vogue  :-)










lunedì 11 agosto 2014

Annuntio vobis...

... habemus canem, shih tzum Basilium







E così è arrivato, Lushi-Kou ribattezzato Basilio, piccolo essere capellone perennemente spettinato (io che sognavo quei bei ciuffi perfetti, come no  :-)
Affettuoso, curioso di tutto, buono, mangione, testardo e dolce, pazzerello a volte, così silenzioso e tranquillo la maggior parte del giorno che quasi ci si dimentica della sua presenza...e tante altre cose che scopriremo strada facendo.

mercoledì 2 luglio 2014

Coming soon

Attenzione! Essere piccoletto, capellone e zen in arrivo su queste pagine  :-)

quasi tutto pronto per l'arrivo di B.

lunedì 16 giugno 2014

Dopo

Circa un mese fa la nostra carissima Polly ci lasciava (qui il post dedicato all'amato cane abominevole).
Non vorrei essere ridontante, ma voglio ancora scrivere alcune cose su questo triste avvenimento.
Non riesco a chiudere il suo ricordo in un cassetto, e nemmeno lo voglio. Polly farà sempre parte di me.

Non è stato facile, per nessuno. Direi che trovarsi di fronte alla sua morte è stato peggio di quanto avessimo preventivato.
I giorni più duri sono stati quelli della settimana successiva, che seguivano il ponte del primo maggio.
Solo lì ci siamo davvero resi conto del vuoto che Polly ha lasciato, fisicamente (perché un cane orso quale è il Terranova, credetemi, è una presenza che C'E'), e soprattutto emotivamente.
E' strano, ma quello che mi veniva da pensare più spesso in quei primi giorni era, e ora chi si prenderà cura di lei? 
Che è assurdo, mi rendo conto, ma era un pensiero costante.
Mi era difficile accettare che fosse ormai fuori della mia portata, del mio amore.
Mi ci è voluto un po' per capire che anche se fisicamente non c'è più, Polly continua a vivere nel mio ricordo, e che il bene che le volevo è sempre lì, immutato, e che in qualche modo la può raggiungere anche ora.

Il suo collare lo abbiamo appeso in studio, insieme ad un grazioso bouquet di roselline di stoffa rosa. Mi sembrava bello.
E a casa, nella mia libreria Billy, ho messo una cornice con una bella foto di me e lei insieme.
Anche se non abbiamo bisogno di questo per ricordare Polly.
La sua cuccia, adesso, è il nostro cuore.

Abbiamo pianto. Io, naturalmente. La sua padroncina M. che ha undici anni. E G. che era il suo padrone, il suo punto di riferimento. Non penso che G. abbia pianto spesso in vita sua. Questa è stata una di quelle volte.

Qualcuno potrà dire, eh, ma è stata solo la morte di un cane. Mah. Per me, per noi, è stata la morte di qualcuno che si chiamava Polly. Che non fosse un essere umano non ha reso meno doloroso il nostro lutto. Ho letto che l'unica differenza è che dalla morte di un animale domestico ci si riprende prima.

Quel suo ultimo giorno per la maggior parte del tempo ci sono stata io con lei. Noi due insieme, da sole, come tanti giorni in questi ultimi anni. Sapevo che era una delle ultime volte, se non l'ultima, come poi è stata.
Ho cercato di fare quello che mi sembrava più giusto. L'ho lasciata tranquilla il più possibile, come anche mi aveva consigliato il veterinario.
Mi sono chiesta a lungo se avrei dovuto fare qualcosa in più, qualcosa di diverso.
Sono dubbi che non hanno risposta.
Penso che viene un momento in cui li dobbiamo lasciare andare, e in fondo è tutto qui.

Ho trovato nel web una cosa che mi ha commossa molto e che ha fatto riaffiorare le lacrime nei miei occhi. Una cornice per un altro Terranova che se ne è andato, e nel legno, sopra al suo nome, una scritta: Se potessi verrei dritta in Cielo e ti riporterei a casa.
Polly, lo farei. Ritrovarti, riagganciare il tuo vecchio guinzaglio, e scendere con te per un sentiero cosparso di stelle, giù fino al nostro cortile. Tu andresti a bere, e poi ti sistemeresti sul tuo tappeto, lì dove era il tuo posto, quel posto su cui spesso, i primi giorni, mi cadeva lo sguardo, e mi colpiva la tua assenza.

Intanto, G. si è trovato con una minuscola gattina per casa. Che non voleva. Penso che fosse troppo presto. Ma ora la gattina c'è, e mi racconta che gli si è già attaccata moltissimo.
Sono certa che anche lui le voglia bene, anche se non vuole ammetterlo, e che in fondo la sua presenza sia un bene per lui.
In quanto a me, tanto ho brigato che un nuovo qualcuno peloso a settembre entrerà nella mia vita.
Nuove avventure, nuove amicizie speciali. Guardando avanti, come è giusto che sia. Senza dimenticare mai, tuttavia, quello che abbiamo perduto.

 di Evelyne Laube e Nina Wehrle

tramite Pinterest
















giovedì 29 maggio 2014

Sogni illustrati

Sono un'appassionata di illustrazioni.
 Da quando ho scoperto Pinterest (se qualcuno non lo conosce, è una sorta di social network dove gli utenti possono creare un numero illimitato di bacheche, dove "pinnare" foto e video trovati nella rete, e creare così delle vere e proprie collezioni delle proprie passioni), ho scovato dei lavori davvero bellissimi, che altrimenti difficilmente avrei scoperto.
Adoro i libri illustrati di questo tipo, e ne ho un po', ma siccome costicchiano posso allargare la mia collezione solo saltuariamente.
Su Pinterest invece la mia collezione cresce senza problemi :-)
Certo, non è come averle su carta, ma meglio di niente.

Ho pensato di pubblicare qui l'illustrazione che vedete qui sotto, dell'artista Rebecca Green, che ho scovato tramite Pinterest.
Mi sembra che sia perfetta per questo blog.
Guardando questa deliziosa scenetta, mi viene da pensare che ci manco solo io, magari affacciata a quella finestrella, o appoggiata al tronco accanto alla volpe, a leggermi un libro.
Un sogno illustrato. Un mondo ideale.


di Rebecca Green, trovata su Pinterest

giovedì 1 maggio 2014

A Polly

Polly, e così quel momento è venuto. Ci hai lasciati, un tardo pomeriggio di fine aprile, pochi giorni fa. Ogni tanto pensavo a quando quel momento sarebbe venuto, e mi dicevo che certamente avrei sofferto, ma il dolore sarebbe stato un po' attutito dal fatto che dopotutto tu non eri proprio il mio cane. Ebbene, Polly, mi sbagliavo. Ho capito in questi giorni che ti volevo bene profondamente, come se fossi mia. Dopotutto, quanti giorni abbiamo passato insieme, io e te? Tantissimi. In questi ultimi anni hai fatto parte della mia quotidianità, e io della tua.
Ti ho conosciuta che eri una Terranova sui sei anni, nera come la pece. Non eri esattamente il mio ideale di cane, sai che io sono innamorata del levriero. Tu eri tutto l'opposto. Massiccia, pelosa, rustica, non proprio profumata, spesso arruffata, e quella bava! E i peli che si trovavano dappertutto, che appena messo via l'aspirapolvere ne spuntavano di nuovi da qualche angolo. E le impronte nell'ingresso. E giù a pulire con gli straccetti umidificati. Una lotta impari, che delle volte mi faceva sbottare. Sì, ti ho dato anche qualche scappellotto in testa, e mi è capitato di alzare la voce.
Però più passava il tempo e più ti volevo bene. Malgrado la bava, i peli, le impronte. Malgrado fossi un po' un cane abominevole. Il mio cane abominevole.
Ma eri molto più di questo. Avevi un cuore d'oro, non ti arrabbiavi mai, non serbavi alcun rancore.
Eri pronta a dare la zampa a chiunque, anche al veterinario e al postino, e chi ti faceva una carezza era tuo amico.
Avrei messo la mano sul fuoco per te. Eri la quintessenza della bontà e della mitezza.
Non chiedevi che di stare sul tuo tappeto, vicino all'ingresso, accanto a noi, i tuoi umani. E nella bella stagione, quando la porta dello studio la lasciavamo aperta, ti sdraiavi un po' dentro e un po' fuori, per godere della corrente che si forma in quel punto.

Ti ricordi, Polly, qualche anno fa, quando ancora camminavi senza problemi, io e te in giro per il quartiere, un pomeriggio di primavera pieno di vento.
Soffiava così forte che io facevo fatica a respirare, e le folate quasi ostacolavano il mio procedere.
Tu invece camminavi imperterrita, solida come una roccia, il vento non scalfiva minimamente la tua tempra. E io mi tenevo al tuo guinzaglio, come se altrimenti avrei potuto volare via.
Penso a quel pomeriggio ormai lontano, e mi rendo conto, forse per la prima volta, che tu, Polly, eri la nostra roccia.

Sapevo benissimo che eri anziana, che i tuoi quattordici anni erano già un bel traguardo. Ma ero convinta che, pur se con i tuoi acciacchi di vecchiaia, saresti riuscita a rimanere con noi ancora un po'. Che presto ti avremmo portata a lavare per bene, che avresti mangiato tutti i biscotti che c'erano nel tuo armadio, che saresti stata al mare la prossima estate, e che poi a settembre ti avrei ritrovata. E che a dicembre avremmo potuto festeggiare i tuoi quindici anni.
Invece dobbiamo imparare a vivere senza di te.

Sai, Polly, la notte in cui non sei stata bene, mi è successa una cosa strana. Dormivo nel mio letto, e sognavo. Ad un certo punto, durante un sogno che non ricordo, ho provato un dolore molto forte in un lato del corpo, una sorta di dolore intercostale. Non mi sono svegliata, stranamente. Ho continuato a sognare, e quel dolore era come un'interferenza proveniente da qualche parte. Era totalmente slegato dal sogno, nel senso che lo avvertivo ma l'azione del sogno continuava indisturbata, e io continuavo a parteciparvi.
Al risveglio poi non avevo più nulla.
Però ho ricevuto, di mattino presto, la chiamata del tuo padrone che mi informava del fatto che quella notte eri stata male e che le tue condizioni erano critiche.
Arrivata in studio e vedendoti lì sdraiata ho ripensato a quello strano dolore notturno, e ho capito che cosa potesse averlo causato.

Mi consola un poco sapere che te ne sei andata senza soffrire. Ti sei spenta come una candela che ha brillato a lungo, luminosa, e pian piano si è fatta più incerta e fievole.
Mi viene in mente una poesia di Dylan Thomas, quella che dice do not go gentle into that good night. Tu in quella buona notte ci sei entrata gentilmente, invece, proprio come era nel tuo carattere. Senza lottare, con l'accettazione serena della tua natura mite.

Grazie Polly, grazie di aver fatto parte della mia vita, di avermi tenuto compagnia, grazie dei tuoi sguardi, della tua coda scodinzolante, della zampa che eri sempre pronta a darmi, grazie della tua dolcezza, di tutte le volte che hai messo una zampa sul mio piede mentre fianco a fianco guardavamo fuori dal cancello.
Mi manchi tantissimo, e anche adesso mi si riempiono gli occhi di lacrime. Ma sono felice che ci siamo incontrate.Ti porterò sempre nel mio ricordo, e se esiste un luogo oltre questa vita sono certa che ci ritroveremo.
Cercherò di arrivare munita di aspirapolvere anche lì.
Mi piace pensare che ti tenderò la mano e tu mi darai la zampa, di nuovo.
Ciao mio cane abominevole.

















lunedì 7 aprile 2014

Mi ama mi mangia mi ama mi mangia...


Venerdì scorso, trovandomi nel metrò di Milano, sono rimasta colpita da questo cartellone, che infatti ho fotografato:



Mi piacerebbe poter essere certa che questa campagna, promossa dall'Oipa (Organizzazione Internazionale Protezione Animali), potrà aprire gli occhi di tante persone, che ogni Pasqua, senza soffermarsi a riflettere su ciò che mettono, o si ritrovano, nel piatto, fanno sì che la deplorevole tradizione di cucinare il capretto si perpetui.
Purtroppo penso che ci sia parecchia gente che liquiderà questi manifesti con una scrollata di spalle, attribuendoli a quegli estremisti di animalisti che con tutti i problemi che ci sono al mondo stanno lì a preoccuparsi di salvare gli agnellini, che sì, sono anche dolci e carini, la quintessenza dell'innocenza, ma dopotutto li abbiamo sempre mangiati.
Sigh!
Credo anche, però, che al di là di queste persone, a parecchie altre questo tipo di manifesto, essenziale, immediato, metterà quantomeno la pulce nell'orecchio.
Ricordiamoci però che al posto dell'agnello, il tenero, candido "bambino" destinato spesso ahimè ad essere sacrificato in nome della tradizione e della gola, al suo posto potrebbe starci, di pari diritto, ognuno degli altri animali abitualmente allevati per finire sulle nostre tavole.

Qui sotto i due manifesti di questa campagna pasquale:





Buttatevi su conigli e uova di cioccolato, lasciate stare gli agnellini. Forse prenderete un po' di ciccia e vi verrà qualche brufolo, ma non avrete contribuito al tristissimo commercio di questi piccoli innocenti.

giovedì 13 marzo 2014

Come margherite del prato

Marzo. Il mese del ritorno della Primavera. Per me, veramente, è soprattutto il mese in cui finalmente, dopo la lunga pausa invernale, riparte la Formula 1 (per la cronaca, mi sono già attrezzata con delle ottime patatine pronte per essere sgranocchiate durante la differita del Gran Premio d'Australia questa domenica) :-)
E poi a marzo si risvegliano le mie tartarughe. Anche loro, come le vetture di Formula 1, dopo un inverno in box tornano all'aria aperta. Non su un circuito (anche se sarebbe divertente un gran premio di tartarughe, ognuna col numero e gli sponsor dipinti sul guscio…mah, non credo sarebbe una corsa molto adrenalinica…), bensì nel loro bel recinto preparatogli da mio papà lo scorso anno.
E' veramente una bella sistemazione, spaziosa, con cespugli e collinette, e naturalmente due casette dove dormire la notte. Una volta era l'orto, ma poi non ci cresceva più granché, forse anche per via del castagno che crescendo ha allungato la sua ombra. E così quel pezzo di giardino è diventato l'habitat di Emily e Bruno.
Le quali da qualche giorno sono tornate ad abitarlo, dopo questi mesi invernali passati nella cassetta con terra e foglie, nel cantinino (tipo riposo del vampiro, insomma).

Le tartarughe sono animali strani. Hanno qualcosa di ancestrale, di alieno persino. All'inizio, quando sono arrivate a casa nostra, le osservavo con una certa perplessità. Per me, abituata a dolci, pelosi animaletti tipo porcellini d'India e criceti, i rettili rappresentavano un'assoluta novità.
Non sapevo come interpretare quella loro espressione antica, quei loro faccini che sembrano quello di ET. Mi dicevo, "mah, queste due…".
Oggi mi sembra assurdo aver provato quella sorta di diffidenza nei loro confronti.
Nei pomeriggi estivi, tra una lettura e un gelato sulla mia sdraio gialla, le osservo spesso. Osservo le loro abitudini, la loro routine quotidiana.
Al mattino escono dalle casette e vanno a prendere il primo sole sulla collinetta. Mangiano l'insalata, il trifoglio e la frutta che gli portiamo, poi distendono il più possibile le loro zampette rugose e prendono il sole. Se è troppo caldo se ne vanno all'ombra dei cespugli, nella zona sotto l'albero di fico, e passano così i torridi pomeriggi estivi. Solo nel tardo pomeriggio fanno ancora un giretto, prima di rientrare per la notte nelle casette.
Quando le lascio libere in giardino devo sempre tenerle d'occhio, perché non è mica vero che le tartarughe sono lente. In quattro e quattr'otto, se non fai attenzione a dove vanno, le hai belle che perse. Puntualmente una va da una parte, e una dall'altra. Bruno adora la siepe che separa il nostro giardino da quello del vicino, oppure l'aiuola fiorita, che per lui dev'essere una specie di giungla malese. Se ci si infila troppo, hai voglia a tirarlo fuori dall'intrico. Oppure gli piace da morire la zona del bidone del compostaggio, che è un po' terrosa, e se ne sta a esplorare tutto contento.
Emily è più camminatrice, in genere scende per il lieve pendio, giù verso la zona delle azalee.
Si ferma lì vicino, accanto ad uno dei bei cespugli fioriti, e talvolta allunga il suo collo rugoso come per guardare oltre il pendio fiorito, oltre la siepe e il basso muretto, lontano, verso quel vasto sconosciuto mondo.
Emily è una piccola sognatrice.
Bruno è un animo molto più semplice. E' un pacioccone, ama curiosare nella terra e trovare un bel cespuglio dove farsi lunghi pisolini.
Spesso mi viene da pensare a loro come a margherite del prato.

Ogni tanto, durante l'inverno, scendo nel cantinino a dare loro un'occhiata. Sì, sono una stalker di tartarughe. Delicatamente le sollevo e guardo nel guscio dove hanno ritirato la loro testolina. Dormono profondamente, gli occhi così serrati che sembrano una linea disegnata tra le rughe. Le rimetto nella cassetta, rassicurata da un piccolo movimento delle braccette o delle gambette, le ricopro con le foglie secche, come se rimboccassi loro una copertina, e dico:
"Ciao Emily e Bruni, ci vediamo a primavera".
Ed ecco che anche quest'anno ci siamo ritrovate.

qui sotto qualche loro foto risalente agli anni scorsi















domenica 23 febbraio 2014

Vecchietti

Hitch, Polly, Clint. Gli animali che attualmente popolano la mia vita.
Rispettivamente un gatto bianco e grigio, una Terranova un po' traballante nera come la pece, e un criceto russo, minuscolo ma con una grande personalità.
Hitch va per i diciassette anni, Polly ne ha compiuti quattordici prima di Natale, e Clinty a marzo fa due anni, che è suppergiù l'età media di vita dei criceti.
Insomma, sono circondata da vecchietti.
Vecchietti che amo moltissimo, che vorrei potessero rimanere con me per sempre. Invece devo prepararmi a separarmi da loro.
Non riesco neanche ad immaginare il vuoto che lasceranno.
So che è inutile deprimersi e rimuginare su questo tema. Se si prende con sé un animale bisogna mettere in conto che un giorno ci lascerà. Bisogna accettarlo.
Solo che, osservandoli, il mio Hitch, un po' spelacchiato, che ronfa sul cuscino, Polly il cane abominevole sdraiata sul suo tappeto davanti all'ingresso dello studio, che scodinzola quando i nostri occhi si incontrano, e Clint, per il momento in grande forma e dedito a straordinari momenti fitness sulla sua ruota, ecco, mi esce un sospiro.
Tutti i miei precedenti animaletti (criceti, porcellini d'India, gerbilli, un coniglio e un topolino) riposano sotto l'aiuola fiorita in giardino. Io penso che quell'aiuola sia così bella e rigogliosa anche grazie a loro, che sono diventati parte di lei, dei suoi bei fiori.
Tocca sempre a mia mamma seppellirli. Forse perché è la più pragmatica della famiglia.
"Più che vecchi non si può diventare" mi dice a volte, citando sua nonna.
In effetti, così stanno le cose. Anche se sono sicura che quando Hitch se ne andrà (scongiuri!) sarà diverso, perché lui è sempre stato il suo bambino peloso.
Su mio papà in quei momenti non si può contare, essendo lui il più sensibile di noi. Pur essendosi occupato raramente dei miei roditori, la loro morte lo ha sempre colpito.
Ogni volta che, negli anni passati, portavo a casa un nuovo animaletto, mi diceva, "ecco, così un giorno dovremo seppellire anche questo". O quando non lo diceva era questo il suo pensiero, lo so.
Ma io senza animaletti non potevo stare, anche se sapevo che il loro tempo nella mia vita sarebbe stato limitato.
E così ho sempre ricominciato con un nuovo piccoletto, e ogni volta, dopo la fase di ambientamento, l'ho visto/visti prendere il loro posto nella mia quotidianità, sviluppare le proprie abitudini, il proprio carattere unico e irripetibile, il proprio modo di rapportarsi con noi umani di casa.
Li ho visti cuccioli, poi farsi più robusti nel pieno della loro esistenza, rotolarsi beati nella sabbietta, mangiare di gusto le loro verdure, dormire vicini, correre sul mio tappeto o farsi pisolini nel mio vecchio giacchette di lana rosa. E poi li ho visti invecchiare, farsi magrolini e un po' gobbi, e addormentarsi per sempre. Così dovrebbero sempre andarsene.
Invece alcuni si sono ammalati, e queste malattie se li sono portati via.

Quando prendi con te un animale, non sai quale sarà il suo destino. Puoi solo fare per lui tutto il possibile per dargli un'esistenza serena, ed esserci nella buona e nella cattiva sorte.
E poi portarli sempre con noi, nel nostro ricordo, nel dolore che diventa piano piano una dolce malinconia.

Dopo queste considerazioni (che avranno fatto fare le corna e scongiuri vari ai tre vecchietti sopracitati, soprattutto Clint che è il più permaloso), su cui mi capita abbastanza spesso di riflettere, direi di tirare un sospiro di sollievo. Come? Con l'annuncio di una new entry che prossimamente (non so esattamente quando, ma la decisione è presa) entrerà nella mia vita.
Vi dico solo: piccoletto e capellone.
E sarà una nuova storia, un nuovo inizio che diventerà una cara consuetudine, una nuova avventura.
Io mi sto preparando.




Trovata su Pinterest, questa appropriata illustrazione di Roger Tetsu










giovedì 13 febbraio 2014

A Marius, ma anche a tutti gli Altri

Poco fa stavo chiacchierando del più e del meno su skype con mia mamma, e ad un certo punto lei mi dice, "ma hai sentito di quel giraffino che hanno ucciso allo zoo?"
"No", faccio io, avvertendo già quella ben nota sensazione che provo sempre quando apprendo nuove nefandezze compiute dall'Uomo ai danni degli animali.
E quella che è stata fatta al piccolo Marius, questo era il nome del giraffino, è davvero una Nefandezza.
In breve, lo zoo di Copenaghen, dove Marius era venuto al mondo, ha deciso di ucciderlo perché, se ho ben capito, era nato da un accoppiamento tra consanguinei. Questo fatto pare abbia decretato la sua condanna.
Malgrado la mobilitazione di moltissime persone un po' in tutti i Paesi, con offerte anche di grandi somme di denaro per portarlo via da Copenhagen, allo zoo hanno tirato dritto per la loro strada.
E così Marius, un giovane e sano giraffino, è stato ucciso in pubblico (sì, perché i dirigenti dello zoo hanno pensato di invitare bambini e chiunque volesse assistere all'esecuzione, e io dico, indegni loro, ma anche i genitori che hanno portato i bambini ad assistere ad una cosa così profondamente sbagliata).
Non paghi di questo, subito dopo la morte Marius è stato "aperto" da un veterinario, per offrire una lezione di anatomia ai piccoli invitati.
Dopodiché il corpo dello sventurato giraffino è stato dato in pasto ai leoni.

Questa molto in sintesi la storia di Marius.
Io vorrei dire due cose. La prima, l'assurdità di questa morte. Era un cucciolo, lo si poteva sistemare altrove, non c'erano motivi (se mai motivi possano esserci) per toglierli la sua giovane vita. E che dire di una morte così data in pasto al pubblico, come uno spettacolo, un'attrazione per annoiati visitatori?
Tra l'altro bell'esempio per i bambini presenti. Non bisognerebbe piuttosto insegnare che uccidere è sbagliato e che la vita di tutti è da proteggere?
Seconda cosa, non possiamo però dimenticare che migliaia e migliaia di animali in tutto il mondo fanno la fine di Marius ogni giorno, ogni ora. Per loro però nessuno (o molto pochi) si indignano veramente. Non ci sono grandi raccolte di firme, grandi mobilitazioni.
Loro sono gli animali che mangiamo. E muoiono di continuo, uccisi dopo un'esistenza di prigionia, nell'indifferenza e nell'ipocrisia della maggior parte di noi.
Non è assurdo anche il loro destino?
Un vitellino, un capretto, un maiale, una mucca, un pollo, valgono meno di un tenero giraffino?
No. Il valore della loro vita è lo stesso.
Ma agli occhi di molti questi sono in fondo soltanto animali da reddito (orrenda parola), e quindi sacrificabili.
Bestie per cui non vale la pena di impegnarsi, nemmeno di indignarsi.

Quello che è stato fatto a Marius è assurdo e crudele.
Ma non dimentichiamo che quello che viene fatto quotidianamente a tutti gli Altri lo è altrettanto.







lunedì 20 gennaio 2014

Un ritratto di Hitch

Ho scattato questa foto al nostro vecchietto Hitch durante le Feste.
Non male per un sedicenne, no?
Dall'annuale controllo veterinario, lo scorso ottobre, non è emerso niente, per fortuna. Niente diabete, niente tiroidite, peso ancora buono, insomma, tutto a posto.
E poi è molto lucido, attento a quello che succede, mangia di gusto ( anche se spesso bisogna cambiargli la pappa perché, come molti gatti a quanto sento, si stufa molto in fretta), si fa lunghe dormite sul suo cuscino in sala oppure sotto al mio letto, in pose super relax.
Esce di rado, ormai, e più che altro se ne sta sullo zerbino a osservare i dintorni o fa giusto il giro della casa. Io preferisco così, comunque, rispetto a quando era giovane e spariva per ore insieme a qualche suo compagno di avventure.
Mi piace molto questa foto, e la condivido con voi.




domenica 12 gennaio 2014

Sulla sperimentazione animale. Piccole considerazioni.

Su Canale 5 andava in onda un atroce (uso questo aggettivo pur non avendolo seguito, conoscendo il livello di queste trasmissioni mediaset) talk show sul tema della sperimentazione animale, sull'onda del noto "caso caterina Simonsen", la ragazza affetta da rare malattie genetiche che ha in sostanza dichiarato di essere viva grazie ai test sugli animali, scatenando ovviamente le reazioni degli animalisti, alcuni dei quali le hanno inviato messaggi, diciamo così, ben poco amichevoli e certamente fuori luogo.
Come fuori luogo sarà certamente stato il talk show populista e baraccone di Canale 5, detto tra noi.

Dunque, per quanto mi riguarda io sono assolutamente a favore della ricerca, e spero che sempre più malattie divengano curabili. Solo, mi è intollerabile l'idea che per fare ricerca si sperimenti sulla pelle degli animali. Che diritto abbiamo di disporre dei loro corpi e della loro vita, e di infliggere loro test, prigionia e sofferenze? Come può vivere un animale chiuso in un laboratorio?
Mettiamo anche che la sofferenza fisica sia ridotta a zero (cosa a cui non credo affatto), ma la cattività? La mancanza di una sistemazione consona alla specie, la mancanza di affetto? Insomma, l'aspetto emozionale?

Mi si dice che per molti protocolli è ancora indispensabile usare gli animali.
Ma non eravamo nel 2014? Io non sono una scienziata, per carità. Ma onestamente mi pare impossibile che non si riesca a fare a meno dei "modelli animali", che non vi siano alternative. Non ci credo.
E comunque, in un'epoca che si vuole illuminata, non sarebbe ora di porre fine alla sperimentazione su esseri viventi? Metterci una bella pietra sopra?
Davvero il mondo scientifico non riesce a trovare metodi alternativi? Forse non vuole, mi viene da pensare. Forse ci sono troppi interessi in ballo.
Mah…

Se dici, "io sono assolutamente contraria alla vivisezione", troverai sempre qualcuno che ti guarda con un misto di compassione e disprezzo, e ribatte:
"Hai mai avuto una persona cara malata di cancro? O se fossi malata gravemente tu, non vorresti che la ricerca progredisse?".
Questa è una tipica visione antropocentrica. Ovvero, chi se ne importa degli animali sacrificati? Noi umani siamo più importanti, la nostra vita vale molto di più di quella di un cane e molto molto molto di più di quella di un topolino.
Io invece dico, la vita di tutti ha lo stesso valore. Che tu sia un essere umano, un gatto, un criceto, una chiocciola in un prato, hai diritto di vivere nel modo migliore. Nessuno dovrebbe avere il potere di decidere che tu sei sacrificabile solo perché appartieni ad una specie differente da quella umana.
Dovremmo sentire questa "comunione", questa fratellanza. Tutti, siamo esseri viventi abitanti di questo pianeta.
Di nuovo, ripeto, facciamo ricerca, facciamo scoperte, andiamo avanti, ma non sulla pelle di qualcuno.

Ci si dice che tanto tutte le medicine che prendiamo sono state testate su animali, e quindi un animalista è un ipocrita o uno che lotta contro i mulini a vento, visto che prima o poi una medicina se la prenderà anche lui.
Personalmente assumo pochissimi farmaci, ogni tanto un'aspirina e un po' più spesso pastiglie antidolorifiche per contrastare il mal di testa o qualche nevralgia.
Sono un'ipocrita? Può darsi. Il fatto è che vivo in questo mondo e se mi devo curare prendo quello che c'è. Non vedo il nesso tra questo fatto e il desiderio che la ricerca imbocchi un percorso nuovo, cruelty free.
Per il momento, per come è strutturata la nostra società, temo che siamo imprigionati in questo meccanismo. Tuttavia avremo almeno il diritto di dire che non ci piace.

Questa settimana a Milano sono comparsi dei manifestini che riportavano nomi, indirizzi, e forse anche la foto, di ricercatori accusati di praticare la vivisezione, che venivano apostrofati come assassini.
Il tg regionale della Lombardia ha dedicato uno o due servizi all'argomento.
Uno di questi ricercatori, intervistato, ha detto in sostanza che non è la prima volta che riceve messaggi del genere, che chi scrive certi messaggi ha un'idea distorta della sperimentazione animale e che lui è anche stufo di essere apostrofato assassino.
Non conosco né lui né la storia nei dettagli, non so cosa lui e gli altri colleghi facciano esattamente nei loro laboratori. Dico solo che, per me, chiunque pratichi la sperimentazione animale, è una persona che non riesco a comprendere. Un assassino? Sembra una parola brutale e persino inappropriata, ma in fondo non uccidono forse degli esseri viventi nel corso dei loro protocolli? Sicuramente uccidono la loro anima.
Poi si indignano e fanno i sostenuti se qualcuno glielo fa notare.
Sarebbe interessante poter sentire il parere degli animali che stanno nelle gabbie del nostro ricercatore.
Ultima cosa, mi risulta che esiste, nelle facoltà di medicina, l'obiezione di coscienza riguardo al praticare la vivisezione. Se tutto fosse così soft come vogliono farci credere, come mai esisterebbe questa possibilità?

Per concludere, penso che i sostenitori della sperimentazione animale abbiano in realtà ben pochi argomenti, se non una presunta efficacia di questa metodologia, e il fare leva sulle nostre paure e sulla nostra empatia verso persone ammalate.
Per loro l'uscita di Caterina dev'essere stata una manna. E ancor più una manna le reazioni estreme di alcuni animalisti. Così possono dire, "vedete che cattivoni senza cuore quegli animalisti", facendo chiaramente di ogni erba un fascio. Aggiungiamoci i media che, pecoroni (perdono per la parola leggermente specista :-) ), hanno riservato grande spazio alla vicenda, dando a Caterina il ruolo di vittima e all'animalista quello di fanatico senza cuore, e voilà.
Probabilmente tutti hanno esagerato. Quegli animalisti che hanno augurato le peggio cose a questa sfortunata ragazza. Certe cose non si augurano, punto. Ma anche Caterina si poteva risparmiare quella sua uscita. A che pro?
Se non altro tutto questo guazzabuglio ha dimostrato ancora una volta quanto la discussione sia accesa su questo tema.
Intanto, nelle loro asettiche gabbie, gli animali dei laboratori aspettano.
E sognano, ne sono sicura, una carezza e il soffio del vento, che non hanno mai conosciuto, e una corsa nell'erba verde punteggiata di fiori, e braccia amiche che li stringano con dolcezza.


















giovedì 2 gennaio 2014

Per un felice anno nuovo

Quest'anno per gli auguri ho optato per lo Shih Tzu.
Lo Shih Tzu è un piccolo cane dal lungo pelo, originario della Cina, dove, tanti tanti anni fa, era allevato nelle corti imperiali.
Lo confesso, per varie ragioni che non sto ad elencarvi, sono innamorata dello Shih Tzu, per cui, in attesa di potervene proporre uno vero, eccone uno riprodotto abbastanza liberamente dalla mia matita.

Auguri a tutti per un 2014 pieno di belle cose.