Polly, e così quel momento è venuto. Ci hai lasciati, un tardo pomeriggio di fine aprile, pochi giorni fa. Ogni tanto pensavo a quando quel momento sarebbe venuto, e mi dicevo che certamente avrei sofferto, ma il dolore sarebbe stato un po' attutito dal fatto che dopotutto tu non eri proprio il mio cane. Ebbene, Polly, mi sbagliavo. Ho capito in questi giorni che ti volevo bene profondamente, come se fossi mia. Dopotutto, quanti giorni abbiamo passato insieme, io e te? Tantissimi. In questi ultimi anni hai fatto parte della mia quotidianità, e io della tua.
Ti ho conosciuta che eri una Terranova sui sei anni, nera come la pece. Non eri esattamente il mio ideale di cane, sai che io sono innamorata del levriero. Tu eri tutto l'opposto. Massiccia, pelosa, rustica, non proprio profumata, spesso arruffata, e quella bava! E i peli che si trovavano dappertutto, che appena messo via l'aspirapolvere ne spuntavano di nuovi da qualche angolo. E le impronte nell'ingresso. E giù a pulire con gli straccetti umidificati. Una lotta impari, che delle volte mi faceva sbottare. Sì, ti ho dato anche qualche scappellotto in testa, e mi è capitato di alzare la voce.
Però più passava il tempo e più ti volevo bene. Malgrado la bava, i peli, le impronte. Malgrado fossi un po' un cane abominevole. Il mio cane abominevole.
Ma eri molto più di questo. Avevi un cuore d'oro, non ti arrabbiavi mai, non serbavi alcun rancore.
Eri pronta a dare la zampa a chiunque, anche al veterinario e al postino, e chi ti faceva una carezza era tuo amico.
Avrei messo la mano sul fuoco per te. Eri la quintessenza della bontà e della mitezza.
Non chiedevi che di stare sul tuo tappeto, vicino all'ingresso, accanto a noi, i tuoi umani. E nella bella stagione, quando la porta dello studio la lasciavamo aperta, ti sdraiavi un po' dentro e un po' fuori, per godere della corrente che si forma in quel punto.
Ti ricordi, Polly, qualche anno fa, quando ancora camminavi senza problemi, io e te in giro per il quartiere, un pomeriggio di primavera pieno di vento.
Soffiava così forte che io facevo fatica a respirare, e le folate quasi ostacolavano il mio procedere.
Tu invece camminavi imperterrita, solida come una roccia, il vento non scalfiva minimamente la tua tempra. E io mi tenevo al tuo guinzaglio, come se altrimenti avrei potuto volare via.
Penso a quel pomeriggio ormai lontano, e mi rendo conto, forse per la prima volta, che tu, Polly, eri la nostra roccia.
Sapevo benissimo che eri anziana, che i tuoi quattordici anni erano già un bel traguardo. Ma ero convinta che, pur se con i tuoi acciacchi di vecchiaia, saresti riuscita a rimanere con noi ancora un po'. Che presto ti avremmo portata a lavare per bene, che avresti mangiato tutti i biscotti che c'erano nel tuo armadio, che saresti stata al mare la prossima estate, e che poi a settembre ti avrei ritrovata. E che a dicembre avremmo potuto festeggiare i tuoi quindici anni.
Invece dobbiamo imparare a vivere senza di te.
Sai, Polly, la notte in cui non sei stata bene, mi è successa una cosa strana. Dormivo nel mio letto, e sognavo. Ad un certo punto, durante un sogno che non ricordo, ho provato un dolore molto forte in un lato del corpo, una sorta di dolore intercostale. Non mi sono svegliata, stranamente. Ho continuato a sognare, e quel dolore era come un'interferenza proveniente da qualche parte. Era totalmente slegato dal sogno, nel senso che lo avvertivo ma l'azione del sogno continuava indisturbata, e io continuavo a parteciparvi.
Al risveglio poi non avevo più nulla.
Però ho ricevuto, di mattino presto, la chiamata del tuo padrone che mi informava del fatto che quella notte eri stata male e che le tue condizioni erano critiche.
Arrivata in studio e vedendoti lì sdraiata ho ripensato a quello strano dolore notturno, e ho capito che cosa potesse averlo causato.
Mi consola un poco sapere che te ne sei andata senza soffrire. Ti sei spenta come una candela che ha brillato a lungo, luminosa, e pian piano si è fatta più incerta e fievole.
Mi viene in mente una poesia di Dylan Thomas, quella che dice do not go gentle into that good night. Tu in quella buona notte ci sei entrata gentilmente, invece, proprio come era nel tuo carattere. Senza lottare, con l'accettazione serena della tua natura mite.
Grazie Polly, grazie di aver fatto parte della mia vita, di avermi tenuto compagnia, grazie dei tuoi sguardi, della tua coda scodinzolante, della zampa che eri sempre pronta a darmi, grazie della tua dolcezza, di tutte le volte che hai messo una zampa sul mio piede mentre fianco a fianco guardavamo fuori dal cancello.
Mi manchi tantissimo, e anche adesso mi si riempiono gli occhi di lacrime. Ma sono felice che ci siamo incontrate.Ti porterò sempre nel mio ricordo, e se esiste un luogo oltre questa vita sono certa che ci ritroveremo.
Cercherò di arrivare munita di aspirapolvere anche lì.
Mi piace pensare che ti tenderò la mano e tu mi darai la zampa, di nuovo.
Ciao mio cane abominevole.
Cara Martina, hai parlato tante volte di lei che un po' è sembrato di conoscerla anche a me. E so che ti aspettavi che prima o poi sarebbe venuto il momento di salutarvi, ma è proprio vero che poi quando quel momento arriva ci coglie sempre emotivamente impreparati.
RispondiEliminaMolto bello e toccante questo scritto che le hai dedicato e ti renderai conto di come nei tuoi pensieri e nei tuoi ricordi continuerà a vivere (sì, sembrano parole retoriche, ma sto sperimentando quanto sia vero ogni volta che penso ai miei compagni di viaggio non umani che oggi non ci sono più fisicamente, ma rimangono costantemente presenti nel mio cuore).
Ti confesso che pensare a loro mi rende l'idea della morte meno terribile e spaventosa di un tempo. Ed è proprio vero che la morte degli animali che amiamo ci rende più accettabile anche l'idea della nostra e in qualche modo fa da battistrada. In fondo, se loro sono riusciti ad andarsene serenamente, perché non dovremmo anche noi? C'è un libriccino molto bello che parla anche proprio di questo e si intitola In morte di un cane di Jean Grenier.
Ciao Polly e un abbraccio forte a te.
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RispondiEliminaCiao Martina, complimenti, hai usato parole commoventi e coinvolgenti. Sono sicuro che ci sia un "dopo" anche per le persone non umane come Polly, la bontà e i sentimenti che manifestano credo che debbano per forza avere un legame con una sorta di dimensione spirituale. Credo in Dio e sono convinto che se ha creato gli animali con la capacità di amare e fare del bene agli umani, deve per forza aver previsto un "paradiso" anche per loro.
RispondiEliminaUn caro saluto a te e a Polly
Albino
ti abbraccio...
RispondiEliminaCara Martina, sto ovviamente trattenendo le lacrime a stento. Hai scritto una bellissima dedica per Polly, che sono certa possa sentirti anche ora. Purtroppo il percorso dei nostri animali su questa terra è quasi sempre destino sia più breve del nostro, ma insieme alle lacrime ci lasciano in eredità tanto di quell'amore che riesce a tenerci compagnia per il resto della vita. Finchè, un giorno, anche io sono convinta che li ritroveremo. La morte dei nostri compagni di vita pelosi a volte ci sommerge con tanto di quel dolore che ci sembra di soffocare, ma l'amore è ben più forte e risuona ben più a lungo, credo non finisca mai. Un abbraccio forte e una carezza a Polly
RispondiEliminaGrazie a tutti per la vostra vicinanza, so che comprendete quanto sia difficile attraversare questi momenti.
RispondiEliminaGrazie di cuore!
Cara Polly, sarai sempre nel cuore di tutti!
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