giovedì 12 dicembre 2013

Maialini

Vedendo in tv, pochi giorni fa, i maialini portati davanti a Montecitorio in occasione di una protesta per difendere il made in Italy, sono stata presa da una profonda tristezza.
Naturalmente i giornalisti del tg non hanno speso una parola sul destino di quei maialini, che finiranno nella nostra padella. A parte ciò, io trovo surreale portare in piazza dei cuccioli che già si sa che verranno uccisi a tempo debito, usandoli per perorare la propria causa. Oltre il danno anche la beffa, mi viene da dire. Come esibire dei condannati a morte. Perché è questo che sono, quei piccoli maialini.
Non credo gli importerebbe molto sapere che moriranno in nome delle tradizioni e del made in Italy, non credete?
E poi chissà quanti passanti pronti a sciogliersi di tenerezza davanti a quei rosei musetti, e poi, una volta tornati a casa, aprire con forse appena un piccolo sospiro di rammarico una busta di prosciutto. Tale è la nostra schizofrenia nei confronti di tanti animali, in questo caso i maiali.
Io non sono perfetta, e confesso che di tanto in tanto un piccolo cedimento alimentare mio malgrado ce l'ho, sempre seguito da enormi sensi di colpa, per quello che può valere. Tuttavia almeno mi rendo conto dell'atrocità dell'antropocentrismo e della cecità che ha diffuso nella società umana, e cerco di migliorarmi.
Vi consiglio, a proposito di questa vicenda, questo illuminato articolo di Annamaria Rivera, che molto meglio di me analizza questo fatto.

L'altra sera, sempre tristemente in tema di visione antropocentrica, a Ballarò si parlava tra le altre cose di  carne di maiale importata. Per la giornalista che ha realizzato il servizio la cosa vergognosa era che molti, in Sardegna, credono di mangiare un maialino nostrano, mentre invece ne stanno mangiando uno importato dall'Olanda e da altri paesi che ora mi sfuggono.
Non si è nemmeno sognata di dedicare un pensiero a questi piccoli sventurati, o di mettere in discussione l'idea che sia eticamente giusto mangiare qualcuno. Sì, perché quei maialini erano qualcuno. Erano degli individui, dei cuccioli per di più.
Quello che a me dà veramente fastidio è questa freddezza con cui si discute dei prodotti di origine animale. Voglio dire, se ne parla escludendo completamente l'idea stessa che quei prodotti, quelle prelibatezze baluardo del food made in Italy, sono pezzi di carne di un individuo. Un qualcuno allevato e ucciso per finire sulle nostre tavole.
Sarebbe bello se i prosciutti crescessero sugli alberi, o i wurstel dalla terra, tipo le carote, o dire, guarda, esco nell'orto a raccogliere la bresaola. Sembra così, non è vero, guardando tanti spot televisivi? Una visione edulcorata, come le fiabe nella versione destinata ai bambini. Purtroppo sappiamo che la realtà non ha niente di bucolico e di dolce. E' piuttosto una fiaba cruenta, intrisa di sangue e sofferenza.
Alla vista di un cadavere di maialino che veniva sistemato nel banco di una macelleria, ho cambiato canale. Sono tornata a sintonizzarmi su Criminal Minds.
Che sarà cupo, ma è una finzione. Entertainment.
Mentre tutti quei maialini muoiono davvero, e vengono fatti a pezzi davvero sotto i nostri occhi che preferiscono non vedere.





lunedì 25 novembre 2013

Nei pensieri, nei sogni e nel cuore

Nella remota eventualità che vi siate chiesti se la sottoscritta avesse ancora intenzione di farsi viva su questo blog, ebbene, eccomi qui.
Non metto insieme un post da quella che mi sembra un'eternità, per colpa della mia cronica incostanza, che spesso mi porta a lasciare un'attività anche per un lungo lasso di tempo.
In questo periodo di assenza che ho combinato? Prima di tutto ho fatto tante foto (forse l'unica occupazione che non abbandono mai, e non solo per lavoro, e che diventa per me sempre più importante), ho letto parecchio (specialmente ottimi racconti horror di stampo lovecraftiano, contenuti nella raccolta The Chtulu Mythos Megapack), ho visitato il museo egizio di Torino, ho seguito il finale di stagione di Formula 1 dal mio divano, assistendo sconsolata alle fughe di Vettel sulla sua super Red Bull, ho bighellonato, sono stata profondamente infelice e poi tutto l'opposto.

E poi ho portato sempre con me il pensiero dei tanti animali che soffrono per mano dell'Uomo.
Recentemente ho letto che noi del segno dell'Acquario siamo miliardari di immaginazione. Non so se sia vero per tutti, ma per me lo è sicuramente. La mia mente è sempre attraversata da idee e sogni. E ho sempre trovato conforto nell'immaginare.
Lo so che è una consolazione effimera, ma in qualche modo funziona. E spesso la sera, prima di addormentarmi, il buio della stanza diventa quel luogo meraviglioso che ho iniziato a plasmare tanto tempo fa. Quel rifugio tra le Alpi, confortevole e profumato di erbe e fiori montani, affacciato su un laghetto cristallino in cui si rispecchia il cielo azzurro attraversato da soffici vaporose nubi.
Quel luogo che non esiste, purtroppo, se non nel mio cuore. E i tanti animali che vi hanno trovato rifugio, trasportati dall'onda della mia immaginazione, in realtà sono morti nell'indifferenza del mondo.
Io non smetterò mai di sognare per loro una serenità che è ancora così tragicamente lontana nella vita reale. E chissà che luoghi simili a quello che vive luminoso nel mio cuore non possano sorgere un giorno, e divenire tangibili, effettivi baluardi di una società nuova, che agli animali dona finalmente ciò che in realtà è un diritto semplicissimo: la possibilità di vivere serenamente la propria esistenza, accanto a noi, non subordinati a noi. Esseri viventi con la loro dignità, e non oggetti a nostro uso e consumo. Creature con le quali relazionarci con rispetto invece che con arroganza, crudeltà e sufficienza.
Mentre dò un bacino al mio piccolo Clint, il criceto, penso che mi piacerebbe che questo gesto d'affetto giungesse a tutti gli animali perduti a cui precludiamo qualsiasi compassione.






sabato 31 agosto 2013

Questione di agility

Chi l'ha detto che l'agility è adatta solo ai cani?
I due tipetti qui sotto, un topolino e un gerbillo, se la cavano alla grande.

P.S. Mi chiedo se anche il mio criceto Clint sarebbe adatto? E' un tipino sveglio pure lui, questo è certo  :-)








martedì 6 agosto 2013

Trasporto animali vivi

Vorrei riuscire a non pensarci. Ma dalla mia finestra posso scorgere, laggiù, un tratto dell'autostrada. In certi giorni, a seconda di come soffia il vento, se ne sente anche il rumore, del traffico incessante, di auto e camion che attraversano il Ticino, diretti verso le montagne a nord, o verso l'Italia a sud.
Talvolta mi soffermo a guardare quel viavai lontano, e non posso non pensare a loro.
A tutti quegli sventurati a animali che ogni giorno, rinchiusi dietro alle feritoie dei camion che esibiscono la scritta TRASPORTO ANIMALI VIVI, transitano sulle autostrade.
Spaventati, sicuramente. Gettati così, senza compassione, in un contesto che non è assolutamente il loro. Le autostrade sono luoghi umani per eccellenza. Devono sembrare mostruose agli occhi degli animali.
Riusciamo ad immaginare che cosa significhi essere rinchiusi in un camion con questo caldo torrido, per un ultimo logorante viaggio su un infuocato nastro d'asfalto, sotto il sole cocente?
Oppure compiere questo viaggio nel gelo dell'inverno, quando tutto è umido e freddo, e si vorrebbe soltanto un po' di calore per dare sollievo al corpo gelato?
Le condizioni climatiche avverse aggiungono ancora un po' d'orrore all'orrore che sono i trasporti di animali verso la morte.
Fin da bambina la vista di questi camion, con il loro carico inerme, intravisto per un momento mentre si passa oltre, corpi rosa e nasi di maiali, o tonalità beige di vitellini, mi hanno riempito di una tristezza profonda e di una rabbia impotente.
Vorrei tanto poterli salvare, quegli "animali vivi" che presto non lo saranno più (verranno nuovamente trasportati, ma a pezzi, confezionati per noi consumatori, diretti ai banchi di negozi e supermercati).
Sottrarli a questo destino così ingiusto e assurdo, che si consuma ogni giorno, nella corsa di questi camion, che corrono accanto alle auto dei vacanzieri diretti al mare o in montagna, e di tutti noi che la strada la usiamo per raggiungere le nostre mete, per visitare posti nuovi, per andare a trovare un amico lontano, per tornare a casa. A questo servono le strade. Non certo a condurti in un luogo dove verrai ucciso e fatto a pezzi, dopo chilometri di stenti e paura.

Per quanto mi riguarda, mi auguro con tutto il cuore che ci sarà un tempo in cui l'abitudine di mangiare carne sarà un ricordo di tempi passati. Non so se ciò si verificherà mai, se questo mondo ideale riuscirà infine ad affermarsi, ma ci voglio credere, per quanto utopico possa essere. Sarebbe un grande passo etico, una conquista di civiltà.
Intanto, però, in questa nostra società in cui milioni di animali vengono sacrificati per l'industria alimentare, potremmo almeno bandire questi orribili trasporti, ridurli al minimo, direzione in cui vanno mi pare alcune recenti iniziative.
Risparmiare almeno questa sofferenza. Non voglio fare in questo modo alcun elogio della cosiddetta "carne a km 0", o dei vari allevamenti bio in cui gli animali vivono in relativo benessere e poi vengono uccisi nelle immediate vicinanze. Secondo me uccidere è sempre uccidere. E l'allevamento bio è comunque una forma di sfruttamento, un alibi per lavarci la coscienza. L'animale viene comunque considerato una merce.
Tuttavia mi pare che queste iniziative bio, pur nella loro ipocrisia di fondo, siano attualmente il male minore, se pensiamo agli orrori degli allevamenti intensivi e ai chilometrici trasporti oggetto di questo post.

Certo, la strada è lunga, e chissà se gli Uomini riusciranno un giorno ad abbandonare questa antichissima abitudine allo sfruttamento degli animali, e a guardare alle altre specie con rispetto e meraviglia, anziché riservare loro costanti soprusi e una malevola ipocrisia.














martedì 4 giugno 2013

A proposito di Polly, e del tempo che passa

Ho già parlato di Polly, la cagnolona Terranova dello studio, qui e qui. Dopo aver passato con lei tante e tante giornate degli ultimi anni, le voglio molto bene.
Il Terranova è un cane meraviglioso. Oddio, anche abominevole. Ti ritrovi peli ovunque (vogliamo parlare della mia lotta impari munita di aspirapolvere?), non è proprio profumato, mangia un sacco, quando beve sembra che tiri su secchiate d'acqua, e poi ha quel piccolissimo particolare della bava che fa un baffo a quella di Alien.
Eppure resta un cane meraviglioso. E' davvero un gigante buono, come viene definito.
E poi è pacifico. Non è assolutamente un cane iperattivo, che ha sempre bisogno di fare. Tutto il contrario. La sua massima goduria è stare sdraiato stile pelle di leopardo sul tappeto o direttamente sul pavimento, vicino ai suoi umani. Tu sei lì che sgobbi, che risolvi i problemi della giornata, e Polly ronfa beatamente sulla soglia. Chiunque entra o esca non ha altra scelta che scavalcarla.
Un cane che non si può fare a meno di amare profondamente, se non altro per la sua estrema bontà.
Immaginate quindi l'angoscia quando circa due settimane fa un mattino Polly non riesce più a reggersi sulle zampe posteriori.
Ora, sappiamo che non vivrà in eterno, che ha tredici anni anche se non li dimostra, eccetera eccetera. Ma quando ti trovi davvero davanti alla possibilità concreta che presto potrebbe lasciarti, bè, no è facile da accettare. Per il suo padrone, che vedete immortalato qui sotto con lei (tra l'altro ho scattato questa foto appena qualche giorno prima che si ammalasse), per me che come dicevo ho passato accanto a lei la maggior parte delle giornate degli ultimi anni, per la sua padroncina Matilde, che ha dieci anni e non concepisce assolutamente che Polly ci possa lasciare.
Grande preoccupazione anche in tutto il cortile, infatti, non appena si è sparsa la notizia, parecchi passavano a visitare la malata e a informarsi sulla situazione.
Anche perché Polly è un'istituzione del cortile. Da anni presidia il cancelletto dello studio (presidia si fa per dire, più che altro ci si sdraia davanti per lunghi pisolini e se qualcuno deve entrare o uscire si arrangi), postazione dalla quale è riuscita a farsi amici tutti i postini che si sono succeduti.
Insomma, ANGOSCIA. Anche perché entrambi i suoi genitori hanno finito i loro giorni con le zampe posteriori praticamente paralizzate.
Alle due di quel pomeriggio arriva il veterinario. Portarla noi da lui era abbastanza impossibile per tutta una serie di motivi logistici. Dunque, arriva il veterinario, un ragazzo che a me sembra molto in gamba, che già l'aveva curata per le orecchie tempo fa, e per prima cosa le fa una flebo, e poi anche un'iniezione di zuccheri.
Poi ci conferma la nostra impressione, ovvero che le zampe posteriori non sono paralizzate. La povera Polly cercava di alzarsi, infatti, ma le zampotte, pur muovendosi, non riuscivano a sostenerla.
"Dobbiamo crederci tutti sul fatto che si rimetterà in piedi" ci dice il veterinario.
Poi le ha prescritto delle pastiglie.
Il giorno seguente la situazione era immutata Tra l'altro pioveva, faceva freddo, insomma, tristezza su tristezza. In due abbiamo portato dentro Polly, che non avrei detto fosse tanto pesante. L'abbiamo sistemata sul tappeto, e abbiamo cercato di farla mangiare, ma non ne voleva sapere.
Poi, vista situazione immutata, cambio di pastiglie.
E piano piano è guarita  :-)
Ha ripreso a mangiare, e soprattutto a camminare. Sì, sbanda un po' ogni tanto, tremola un po', ma cammina. Anzi, saltella anche delle volte. E' tornata la nostra adorata Polly!!!
Una radiografia ha evidenziato l'usura delle ossa che compongono la sua colonna vertebrale, usura che le ha provocato l'infiammazione. E' l'età. Ora con la sua pastiglia giornaliera però è tutto sotto controllo.
E tutti abbiamo tirato un bel respiro di sollievo.
Per il momento tutto si è risolto, e, incrociando le dita, pare ancora lontano il momento in cui la dovremo salutare.
Caro cane abominevole, ti vogliamo bene  :-)

Polly e il suo umano
(e io li sopporto entrambi :-) )


martedì 21 maggio 2013

Morire tra le stelle

Avevo già parlato, tempo fa, degli animali sacrificati per la ricerca spaziale, precisamente qui.
Apprendo oggi della morte, a causa di guasti alle apparecchiature, di un gruppo di gerbilli e di un certo numero di topi, che erano stati mandati nello spazio a bordo di una capsula russa, suppongo per testare le condizioni di sopravvivenza, nell'ambito della ricerca sui viaggi spaziali.
Vorrei esprimere, ancora una volta, tutto il mio disgusto per questi sacrifici in nome della scienza. Nessuno ci dà il diritto di spedire nel nero dello spazio creature indifese, che certamente non possono dare il proprio consenso, né, aimé, rifiutarsi.
Perché non ci vanno di persona, questi scienziati, a sperimentare sulla propria persona i pericoli e l'angoscia di un viaggio lontano dalla Terra?
Naturalmente molto meglio utilizzare delle "cavie", tanto che volete che siano un po' di topi e un po' di gerbilli... sono soltanto animali da laboratorio, e dunque perfettamente sacrificabili.
Io sono favorevolissima alla ricerca, anche perché sono una persona curiosa e ritengo che non bisogna mai smettere di cercare e di imparare. Trovo in particolare affascinante il tema dei viaggi spaziali.
Ma sono anche convinta che nessun essere senziente debba lasciarci la pelle ( a meno che non se ne assuma la responsabilità, cosa che un animale non può ovviamente fare).

Ho avuto la fortuna di avere dei gerbilli, e anche un topolino. Ho cercato di dare loro una vita serena, e mi hanno ricompensata facendomi sorridere tutte le volte che li osservavo.
I gerbilli, che scorrazzavano tutte le sere nella mia stanza, mi si arrampicavano fiduciosi lungo il braccio, fino alla spalla. Mi hanno anche lasciato in ricordo un buco in parecchie calze, dato che si arrampicavano sul contenitore di stoffa dove le tenevo e in quattro e quattr'otto si mettevano all'opera con i loro dentini  :-)
Sono stati tutti dei piccoli, allegri amici vivaci, pieni di voglia di vivere e ben disposti verso le persone.

Quegli scienziati che con tanta noncuranza sacrificano questi piccoli animali, non riescono evidentemente a percepirne la magia, ciechi davanti alla meraviglia di queste piccole vivaci creature.
Un cuore arido mette al riparo da scrupoli e sofferenze, ma preclude, spesso, il dono della compassione e dell'empatia.


qui sotto i mie tre ultimi gerbilli, detti i Karamazov, visto che ad ognuno avevo dato il nome di uno dei fratelli del romanzo di Dostojevskij.
Qui penso che fosse estate, per questo dormivano sopra al tronco anziché sotto, ma senza rinunciare a stare il più vicini possibile :-)

I Karamazov


  



lunedì 20 maggio 2013

La storia di Totò

Ho conosciuto Totò qualche anno fa, presso il piccolo salone di Angela, la mia parrucchiera. Vado a tagliare i capelli e, disteso in tutta la sua gattosa cicciosità, vedo un micione che ronfa beato sul divanetto di attesa. Ho dovuto spostargli delicatamente la coda per riuscire a sedermi, e poco dopo me lo sono trovato sulla rivista che stavo sfogliando, appoggiata sulle ginocchia.
Mentre mi tagliava i capelli, Angela mi ha raccontato la storia di Totò. Il suo proprietario non se ne è mai curato, quasi neanche gli dava da mangiare, tantomeno lo portava dal veterinario le volte che ne ha avuto bisogno. Totò così ha cominciato a passare le proprie giornate nel salone della parrucchiera, trovando in Angela, che è davvero una bravissima persona, nonché gattofila, qualcuno che si prendesse cura di lui con amore.
Nella bella stagione se ne stava disteso sul muretto fuori del negozio, d'inverno sul divanetto interno, o sulle ginocchia di qualche cliente, inondando di pelo, va detto, i vestiti della "vittima".
Ma come si fa ad arrabbiarsi guardando negli occhioni di Totò?
Insomma, il gattone divenne ben presto di Angela.
Qualche tempo fa lei si è trasferita in un nuovo salone, sempre nello stesso comune, solo in una zona più sopraelevata. Totò non ha fatto una piega.
Quando poco prima di Natale sono stata da Angela (e ho anche scattato le foto qui sotto), l'ho trovato perfettamente a suo agio nel nuovo ambiente, anzi, la sua padrona mi ha detto che è come se per lui non fosse cambiato proprio niente. Anzi, ha subito preso possesso delle nuove poltroncine. Un gatto zen.
Poi, poco tempo fa, Angela ha avuto un bambino. Vado a trovarla con un regalino e dopo un po' che chiacchieriamo noto Totò su una poltroncina nel soggiorno (l'appartamento è sopra al nuovo salone), che ronfa beatamente. Dopo un po' salta giù, due passi, e raggiunge Angela e il neonato sul divano, e cerca di trovarsi anche lui un posto tra le braccia della sua "mamma". Ma senza alcuna invidia o cattiveria nei confronti del bambino. Ancora una volta Totò si è dimostrato pacifico e adattabile, una pasta di gatto, potremmo dire.
Angela mi ha raccontato che quando esce con la carrozzina deve farlo di nascosto, altrimenti Totò la segue, anche fino al comune confinante, e lei naturalmente ha paura che possa succedergli qualcosa :-)
Qui sotto qualche immagine del mitico Totò.







domenica 5 maggio 2013

I gatti del Castello Sforzesco

Ieri mattina sono andata in missione fotografica al Castello Sforzesco. Alla fine non ho portato a casa un grande bottino, dato che non conoscendo il posto ci ho messo un po' a individuare angoli che mi parevano interessanti, e a parte alcuni scatti che mi soddisfano ho impiegato il tempo a fare un sopralluogo, tra i nugoli di turisti. Ci tornerò per completare la serie.
E poi ho incontrato un gruppetto di esponenti della colonia felina del Castello, e anche le due signore che giornalmente si occupano di loro con dedizione.
Qui sotto qualche foto dei mici sforzeschi.










sabato 30 marzo 2013

Pensiero di Pasqua

Ieri nel tardo pomeriggio accendiamo la TV e la prima cosa che vedo è il promo di una trasmissione sulla televisione svizzera di un'inchiesta dal titolo: "Esiste ancora il capretto nostrano?".
Con carrellata su un gruppo di candidi capretti che, ignari del loro assurdo, terribile destino, osservavano curiosi nella telecamera. Tutti con il proprio cartellino giallo piantato nell'orecchio, quel marchio che ti riduce ad una merce, nostrana, non nostrana, bio o non bio, sempre una merce, e che nega quindi il tuo essere un individuo con il diritto di vivere la propria esistenza.
Suppongo che quei capretti a quest'ora saranno già stati uccisi.

Se c'è una cosa che mi fa particolarmente arrabbiare sono le trasmissioni con questo taglio. Ovvero quei programmi dedicati ai consumatori che non mettono minimamente in discussione l'abitudine di mangiare animali. Si preoccupano solo di indagare se la carne che finisce nei nostri piatti sia di prima qualità, possibilmente nostrana e proveniente da animali allevati bio nelle fattorie dei dintorni.
Io trovo questo approccio totalmente irrispettoso nei confronti di tutti gli animali uccisi per essere mangiati.
Naturalmente questi programmi sono anch'essi figli della nostra radicata cultura specista.
E anche quando, per esempio, denunciano condizioni di allevamento particolarmente brutte, ho l'impressione che lo facciano per lo più pensando ai consumatori. Cioè, si preoccupano delle ripercussioni che il trattamento riservato a questi poveri animali può avere sulla salute umana, per questo ne parlano.
Ovvero, gli animali devono essere tenuti bene perché poi finiranno nel nostro piatto e noi non vogliamo mangiare carne contenente antibiotici o altre sostanze strane, o proveniente da organismi malati. Ma in fondo del destino di queste bestie non gliene importa nulla. Non si mette minimamente in discussione il fatto che vengano allevate per essere uccise.
Altro messaggio che passa in questo tipo di trasmissioni è dunque una sorta di benevolenza ipocrita nei confronti degli animali. Si dice che sì, devono essere tenuti bene, nel famoso rispetto della specie. Ma lo si dice soprattutto per eliminare gli eventuali, vaghi, sensi di colpa dei telespettatori carnivori.
Continuate a mangiare gli animali, questi sono bio, la carne bio fa bene. E poi hanno vissuto felici, non sentitevi in colpa.
Sul fatto che la parola rispetto non vada molto d'accordo con la parola uccisione, si preferisce non riflettere.

Tutto ciò non fa che rinforzare il nostro sentirci legittimati a sfruttare gli animali a scopo alimentare. Sarebbe bello che ci fosse in queste trasmissioni almeno un ospite davvero dalla loro parte, che piazzasse una bella pulce etica nell'orecchio dei consumatori.
Invece, sostanzialmente, si elogia il bio, che sembra che in un colpo solo spazzi via non solo le preoccupazioni salutistiche, ma anche quelle etiche.
A ciò aggiungiamo il revival dei prodotti del territorio (contro i quali non ho niente, finché si tratta di frutta, verdura, e altri prodotti inanimati, ma non quando si includono in questa categoria gli animali, esseri viventi), particolarmente in voga, e il conseguente attaccamento alle tradizioni culinarie, molte delle quali prevedono la carne come ingrediente.

Sembra, tutto questo, una gigantesca ruota che continua a girare, a girare, ineluttabile, portando avanti tradizioni, abitudini, sfruttamento, e mietendo milioni di vite ogni giorno, sotto i nostri occhi disinteressati.
Non so se si riuscirà mai a fermare questa ruota.
Penso che si potrebbe cominciare con il bandire certe consuetudini, come l'uccisione di cuccioli, quali sono gli agnellini e i capretti, ma anche i vitellini, i maialini, e qualsiasi animale "bambino".
E promuovere pranzi etici per le varie festività, come Natale o Pasqua.
Sarebbero piccoli passi, può darsi, ma secondo me sarebbero importanti e chissà che quella terribile, gigantesca ruota, inizierebbe a sgretolarsi.










mercoledì 20 febbraio 2013

Addio M13, orso curioso

Dell'orso M13 avevo parlato qui, tre mesi fa.
Oggi devo purtroppo riportare una notizia che non avrei mai voluto leggere: M13 è stato ucciso in Svizzera.
Senza dire niente a nessuno si è presa la decisione dell'abbattimento dell'orso, avvenuta ieri.
M13, risvegliatosi dal letargo, aveva subito ripreso quella sua abitudine che tanto aveva preoccupato gli abitanti del Canton Grigioni, ovvero avvicinarsi troppo alle zone abitate, in cerca di cibo.
Qualche giorno fa una ragazza si era imbattuta nell'orso, spaventandosi a morte. Suo padre aveva naturalmente subito denunciato la cosa, e a lui si sono uniti altri grigionesi che si lamentavano del fatto di non poter più lasciare i bambini a giocare fuori.
Ora, io posso capire che sapere che un orso si aggira nei paraggi, e potrebbe capitare nel tuo giardino, non dev'essere esattamente piacevole. MA il povero M13 non era una belva assetata di sangue, non ha mai fatto del male a nessuno. Ha a ben guardare soltanto provocato danni a proprietà private nelle quali si è introdotto per cercare cibo.
Mi chiedo, come è possibile che non si sia trovata una soluzione felice per questo orso? Non lo si poteva portare altrove, o magari non si poteva in qualche modo abituarlo a mangiare lontano dai centri abitati, portandogli del cibo eventualmente?
E' civile un Paese che così, in quattro e quattr'otto, mette fine alla vita di un essere vivente, tra l'altro sostenuto da tante e tante persone che in questi mesi hanno seguito la sua vicenda e hanno sperato che non gli si facesse del male?
Complimenti Svizzera!

Voglio immaginare M13 aggirarsi contento nella penombra e nelle pozze di luce di improvvise radure di boschi eterni, curioso come è sempre stato. Al riparo da esseri umani incapaci di vedere la sua unicità, ciechi davanti alla meraviglia della sua anima anarchica e fiduciosa. Ciao M13.




domenica 27 gennaio 2013

Per loro non c'è Memoria

Ricorreva oggi il Giorno della Memoria, l'anniversario della liberazione di Auschwitz, avvenuta il 27 gennaio del 1945. Un orrore, quello messo in atto dalla follia nazista, attecchito e cresciuto come un fiore tenebroso nel cuore della civilissima Europa, non nel Medioevo, ma nel 900. In fondo non moltissimo tempo fa.
Una pagina oscura che ha risucchiato le vite di moltissime persone, strappate alla propria quotidianità, deportate e rinchiuse nei campi di sterminio, da cui così tanti non hanno fatto ritorno. Uomini, donne, adulti e bambini, giovani e vecchi, privati di qualsiasi diritto, ridotti ad un numero tatuato sulla pelle. Depersonalizzati, senza più una storia, senza più appigli. Come se la loro vita precedente, fuori dal campo, non fosse mai esistita. Come fosse un sogno, o una vaga irraggiungibile speranza.
Osservando le immagini in bianco e nero di quel periodo mi viene da pensare che quello è il Male. Un Male che doveva avere l'odore ferroso dei binari dei treni che ti portavano inesorabilmente via; che era un gelido e bianco giorno d'inverno in cui non ti potevi scaldare; oppure era un'afa estiva per la quale non vi era possibilità di refrigerio; era trovarsi all'improvviso in un mondo ostile e incomprensibile, dove la tua vita non valeva più nulla.



Come non vale nulla la vita di milioni di animali "da reddito", che non hanno alcuna colpa se non quella di essere appartenenti a specie che da tempo immemore l'Uomo considera soprattutto cibo, "capi di bestiame", merce a suo uso e consumo.
E così giorno dopo giorno innumerevoli vite trascorrono e si perdono in luoghi molto simili a quei campi nati dalla perversa ideologia nazista.
Luoghi costruiti lontano dai nostri occhi, per non turbarci troppo la coscienza.
Il Male è anche allevare esseri innocenti privandoli del loro naturale diritto a vivere in libertà secondo la propria natura; il Male è un viaggio verso la morte, stipati in un camion, su un'autostrada arsa dal sole o crivellata dalla gelida pioggia; è un cartellino piantato in un orecchio che ti riduce ad un numero; è l'uccisione in un macello; è il terrore e il senso di impotenza che l'Uomo riesce a suscitare; il Male è la mancanza di compassione verso un innocente alla nostra mercé.





Non possiamo dire di non sapere quello che accade a tanti e tanti animali. Lo sappiamo. Oggi l'informazione è accessibile a tutti. Eppure ci giriamo dall'altra parte. Continuiamo a vivere come se in fondo quello che accade loro non ci riguardasse. Le cose sono sempre andate così, eccetera eccetera.
Così facendo uccidiamo quegli innocenti una seconda volta. Li rimuoviamo dalla nostra coscienza. Per loro non c'è Memoria.
Eppure ognuno di loro era unico ed irripetibile, proprio come me o voi, o come le vittime dell'Olocausto, o delle tante guerre che insanguinano il nostro pianeta.
 Ognuno aveva il proprio carattere, le proprie piccole abitudini. Ma a nessuno è mai importato. Sono vissuti e morti nell'indifferenza generale. Come se non accadesse neanche.
Ci sarà mai un Giorno della Memoria anche per le vittime non umane? Forse in un lontano futuro, quando la loro schiavitù, il loro eterno Olocausto, avrà avuto termine, ci fermeremo a pensare alle innumerevoli vittime dello specismo, e ci parrà impossibile avere convissuto con quella violenza per così tanto tempo, e proveremo vergogna per avere finto di non sapere.
Impegniamoci per costruire quel futuro. Non cancelliamo dai nostri pensieri il buio destino di tante vite. Non scrolliamo le spalle dicendo, dopotutto sono soltanto animali.
Sono esseri viventi come noi, e come noi dovrebbero avere il diritto di essere rispettati e di vivere la propria esistenza.


 

venerdì 4 gennaio 2013