domenica 29 aprile 2012

Il mondo senza di loro


L’altro giorno ci siamo svegliati e loro non c’erano più.
Il silenzio che ci ha accolto quel mattino è stato il primo segnale. Nessun cinguettio fuori dalla finestra, soltanto la campagna silente, e, nelle città, il rumore delle automobili, qualche clacson sporadico, e il brusio della gente per strada.
Quello che ci ha fatto davvero capire che erano scomparsi tutti quanti, però, è stata la scoperta delle cucce vuote dei cani, l’assenza dei gatti dal loro posto sul nostro letto, le gabbiette vuote dei canarini, la casetta deserta dei criceti e degli altri piccoli animali che vivevano con noi.
Erano spariti nel nulla.
In ogni continente si è diffusa un’angoscia terribile, mano a mano che si scopriva quel fatto inspiegabile e che la notizia si diffondeva.
Molti sono usciti di casa, chiamando il nome del loro animale scomparso e cercando ovunque, nei giardini, nelle strade, chiedendo ai vicini che a loro volta si trovavano nella stessa situazione ; i bambini piangevano per i loro amici svaniti nel nulla e chiedevano ai genitori di riportarli indietro ; gli allevatori e i contadini osservavano perplessi i box e i recinti vuoti, increduli ; i custodi dei grandi acquari sparsi per il mondo facevano lo stesso davanti alle vasche deserte, in cui ondeggiavano solamente le alghe, simili a esili fantasmi verdi ; i responsabili dei safari contemplavano la savana vuota, chiedendosi dove fossero finiti tutti i suoi abitanti.
In breve la notizia ha fatto il giro del mondo. Gli animali paiono scomparsi dalla faccia della terra e dalle acque del mare, dei laghi e dei fiumi.
In TV non si parla d’altro. Non si è mai parlato tanto degli animali come adesso. Scienziati, naturalisti, esperti e pseudo esperti si affannano a cercare una spiegazione, ma nessuno in realtà sa un bel niente.
Intanto tutti coloro che avevano costruito fortune e aziende grandi o piccole sullo sfruttamento degli animali si disperano. La loro materia prima è venuta a mancare. I macelli, i salumifici, le macellerie, le pescherie, dovranno chiudere i battenti. Non mi dispiace affatto per loro. Finalmente questi signori saranno costretti a ripiegare su un’attività che non prosperi sulla sofferenza e la morte di altri esseri viventi.
Allo stesso modo non provo alcun dispiacere per i cacciatori, i pescatori, i toreri, tutti a lamentarsi, poverini, che non potranno più praticare il loro " sport ".
E i ricercatori fautori della vivisezione, finalmente dovranno per forza di cose continuare il loro lavoro con quei metodi alternativi che per anni hanno tanto snobbato pur di tenere in piedi la barbara tradizione della sperimentazione su animali. Ora non hanno più scuse.

Ovunque si vada, spicca l’assenza degli animali. Le piazze delle città ci sembrano vuote senza i piccioni. Persino chi non li amava sente adesso la loro mancanza. Perché anche loro erano abitanti della città.
In campagna e nei pascoli ci si aggira increduli e smarriti. I prati dove gli animali brucavano sono deserti. Le sagome familiari delle mucche o delle pecore indugiano ancora nei nostri occhi, vorremmo proiettarle nell’erba verde mossa dal vento, ma è fuori dalla nostra portata.
I fiori sono rimasti soli anche loro, senza più alcuna ape o alcuna farfalla ad andare a fare loro visita. I boschi deserti, avvolti in un irreale silenzio. I mari vuoti, senza vita.
Persino quel ragnetto che viveva nella sua ragnatela sul soffitto sopra alla porta è sparito.

Cerchiamo gli animali nei tanti filmati che hanno registrato le loro vite, nelle fotografie, nei dipinti di ogni epoca, nelle illustrazioni dei libri per bambini.
Le bestie impagliate sono rimaste la sola presenza tangibile, pur se immobile e fredda. Il loro odore penetrante ci nausea, ci mette i brividi.
Non avremmo creduto che ci sarebbero mancati tanto, che il mondo senza di loro ci sarebbe apparso così vuoto, così incompleto. Soltanto adesso che sono tutti scomparsi ci rendiamo conto di quanto fossero parte della nostra esistenza. Non soltanto quelli con cui dividevamo la quotidianità, e che ci mancano immensamente, ma tutti gli animali.
Lasciamo perdere i cinici, quelli che soprattutto rimpiangono le bistecche e il pollo arrosto, che presto saranno introvabili. Di loro non mi importa niente.
Mi importa di quello che vedo nello sguardo della maggior parte della gente, e nel mio quando mi guardo allo specchio. Lo sguardo smarrito di tutte le persone, che, ognuno con le proprie piccole o grandi contraddizioni, gli animali li amava. E non in quanto " cibo ambulante ", o corpi da sfruttare e sacrificare, ma come esseri viventi che abitavano questo pianeta con noi e che tanta meraviglia e tenerezza suscitavano nel nostro cuore quando li vedevamo liberi di vivere la loro esistenza. Loro, i nostri fratelli indifesi, a cui tanto male abbiamo fatto, a cui tanto disprezzo abbiamo riservato, che abbiamo ridotto in una terribile schiavitù da cui solo la loro improvvisa scomparsa ha potuto sottrarli.
Li rivogliamo indietro. Non più per sfruttarli, per ucciderli, per cibarci della loro carne. Li rivogliamo perché abbiamo bisogno della loro presenza. Perché ci manca il loro affetto, il loro sguardo, la semplice idea che esistono insieme a noi. Perché vogliamo farci perdonare del male che abbiamo fatto loro.
Ci sentiamo soli quaggiù senza un gatto che dorme acciambellato sulla poltrona, senza quel merlo che ogni mattino veniva a farci visita, senza il nostro cane che ci cammina al fianco, senza quel cavallo a cui portavamo sempre una carota quando si andava in campagna, senza quelle mucche accanto alle quali passavamo sempre sul sentiero dell’alpe.


Ci sono rimasti pezzi dei loro corpi. Ma da un pezzo di carne morta o da una giacca di pelle non si può ricostruire l’animale che era in origine.
Gli appassionati di carne e pesce si affrettano a fare provviste delle ultime scorte disponibili, malgrado il rincaro del prezzo.
Presto non ci sarà più carne, nè latte, né uova.
Volenti o nolenti, tutti dovremo adottare un’alimentazione del tutto priva di derivati animali. Anche di questo parlano in TV e sui giornali.

Non so che cosa sia accaduto agli animali, come non lo sa nessuno. Voglio pensare che siano in un luogo dove possano finalmente vivere in pace, lontano dal nostro assurdo mondo antropocentrico. Magari qualcuno, proveniente da un luogo molto lontano, dalle profondità dello spazio, forse, ha avuto pietà della miseria in cui noi umani li facevamo vivere, e ce li ha sottratti. E per punirci ci ha sottratto anche gli animali che ci erano cari. Come il mio adorato gatto Leo. Come starà ? Ha sempre avuto paura degli sconosciuti, ed era molto attaccato a noi. Riuscirà a cavarsela, dove si trova ora ? Sapranno avere cura di lui ?
Ogni mattino al risveglio spero di ritrovarlo sulla sua poltrona, e milioni di persone sperano la stessa cosa per i loro animali scomparsi. Mi auguro che chiunque ce li abbia sottratti possa avere pietà di noi e ce li renda.
Intanto, molte cose cambieranno sulla Terra. Spero che tra qualche tempo, quando le scorte di carne e derivati animali saranno terminate, e i macelli abbandonati magari convertiti in qualcosa d’altro, luoghi di vita e non di violenza e morte, e le attività e le tradizioni basate sullo sfruttamento degli animali saranno ormai considerate abitudini del passato, spero che allora gli animali ricompariranno.
Ci sveglieremo un mattino e udiremo il canto lieto degli uccellini, e il calore del gatto acciambellato accanto a noi. Lo abbracceremo forte, e correremo fuori, tutti quanti. Saluteremo i piccioni, getteremo loro dei pezzetti di brioche. In campagna si applaudirà il ritorno delle mucche e di tutti gli altri animali di fattoria. Soprattutto i bambini saranno felici, ma anche gli adulti avranno le lacrime agli occhi per il sollievo e la gioia.
Vicino al mare gli abitanti dei villaggi e delle cittadine correranno sulla spiaggia, e molti indosseranno degli occhialini e si immergeranno in acqua ed ecco che il loro cuore si riempirà di felicità quando vedranno i pesci nuotare come un tempo. Riemersi,  si griderà verso la gente affollata sulla spiaggia : "Sono tornati, sono tornati ! "
E tutti esulteranno e si abbraccieranno l’un l’altro, felici.
Sarà un giorno di festa in ogni nazione, in ogni angolo del mondo.
Rimarrà indelebile il ricordo di quanto fosse strano e innaturale vivere in un mondo senza di loro, e si ricorderanno quei giorni come una punizione per come eravamo abituati a trattare gli animali.
E anche se esisteranno sempre persone che non si fanno scrupoli a maltrattarli, sfruttarli e ucciderli, la maggior parte della società guarderà a questi episodi con profonda riprovazione, e l’antropocentrismo sarà l’eccezione invece che la regola.

In attesa di quel giorno, resto qui a pensare a Leo e a tutte le altre bestie, che ho conosciuto, e che non ho conosciuto mai, e sfoglio un libro della mia infanzia sugli animali da fattoria. Passo un dito lungo il contorno del disegno di un paffuto roseo maiale.
Amici animali, vi chiedo scusa a nome di tutti i miei simili per le cose orribili che vi abbiamo fatto nel corso del tempo. Spero tanto che avremo l’occasione per riparare finalmente ai nostri tragici errori.
Vi aspetto.









NOTA: a chi è capitato qui alla ricerca di testi da copiare, vi ricordo che questo racconto, come tutti gli altri post pubblicati su questo blog, è di mia proprietà, frutto più o meno riuscito di impegno e idee. Pertanto non appropriatevene. Grazie a tutti.

mercoledì 11 aprile 2012

Merlotti

Benché la primavera sembri aver fatto momentaneamente dietrofront, se non altro nelle mie zone, gli uccellini continuano anche sotto la pioggia e tra le raffiche di vento a preparare i loro nidi per accogliere i futuri piccoletti. In giardino è un tripudio di cinguettii e di richiami, che si susseguono per tutto il giorno.
Tra questi piccoli volatili indaffarati e chiacchieroni ci sono i merli.
Adoro i merli. Mi mette allegria la loro personalità intraprendente, la loro innata simpatia, la semplice bellezza delle piume nere o grigie, il giallo del loro becco, il fatto che si spostino spesso a terra su quelle agili zampette, come se amassero camminare quasi più che volare.
A Milano, come ovunque, se ne vedono molti, nei piccoli giardini, vicino ai cespugli del parchetto nei pressi dello studio, e una coppia addirittura secondo me sta meditando di trasferirsi nell'alloggio di Polly il cane abominevole (per chi non avesse mai letto di lei, Polly è una femmina di Terranova, potete saperne di più  QUI).
Tornando ai due merli, il maschio lo vedevamo già da un bel po' girovagare davanti al cancelletto, soprattutto la mattina. Poi è comparsa anche quella che io definisco sua moglie, dal caratteristico colore grigio, la quale credo abbia anche passato qualche notte all'interno della "stanza" di Polly (un locale ricavato nella parte di cortile dello studio, chiuso da una tettoia e da una porta, dove il cane abominevole trascorre la notte sulla sua branda), dato che mi è capitato di trovarla dentro alcune mattine, mentre aprivo al cane.
"Polly, hai visto che c'era un'intrusa in casa tua?" dico all'abominevole Polly, mentre le allungo un biscotto per evitare che mi sbavicchi i jeans.
Oppure un pomeriggio mi scappa l'occhio sulla ciotola del cane, che si trova in quel locale, e chi vedo piazzata tra le crocchette? La merla, che rovistava tra i grossi croccantini, ne sceglieva uno e spiccava il volo con il boccone nel becco, passando sopra la testa di Polly che dormiva lì fuori, e che ovviamente non si è accorta di nulla. Ma anche se avesse notato l'uccellina sono sicura non avrebbe fatto una piega, vista la sua natura totalmente pacifica e in armonia col mondo.
O ancora un altro giorno me ne stavo al computer quando vedo un piccolo essere entrare nello studio. Faceva caldo, la porta era aperta, il cane abominevole ronfava beatamente lì fuori. E la merla ha pensato di buttare un occhio all'interno. Ha avanzato un po' sul tappeto, guardandosi in giro, poi con tutta calma ha fatto dietrofront e se ne è andata. Suo marito dal canto suo si appollaia spesso sulla maniglia del cancello, cinguettando.
Magari ci ritroveremo con dei piccoli merlotti venuti al mondo nell'alloggio del cane abominevole  :-)

Ciò mi fa pensare ai tre piccoli merli che ho avuto la fortuna di veder crescere nel loro nido nella siepe, l'anno scorso. Li ho seguiti fin da quando erano ancora nell'uovo e la mamma li covava. Li ho visti quando erano piccolissimi, creaturine lanuginose con un becco che sembrava più grande di loro, perennemente affamati, che emergevano appena dal nido. Papà merlo e mamma merla si alternavano per portare loro da mangiare e per vegliare sulle loro testoline. I genitori comunicavano con dei fischi particolari, per tenersi informati dei propri movimenti, suppongo.
Così i merlotti sono cresciuti, finché il nido si fece troppo piccino per contenerli comodamente tutti e tre. La foto qui sotto l'ho scattata poco prima che partissero per la loro strada. Andavo ogni giorno a guardare nella siepe, e con sollievo li trovavo sempre lì, a fissarmi con quel loro sguardo un po' attonito, tipico dei volatili molto giovani, che mi fa sempre affiorare un sorriso.
Il clic della macchina fotografica pareva non disturbarli affatto. I loro genitori, sempre nelle immediate vicinanze, mi osservavano attraverso i cespugli in fiore e appena mi allontanavo raggiungevano i loro piccoli.
Poi un giorno trovai il nido vuoto, i miei piccoli amici se ne erano andati. Spero che non sia accaduto loro niente di male, che siano cresciuti e siano magari loro quei merli che vedo oggi saltellare lesti per il giardino, sempre presi in qualche faccenda, e lanciare il loro richiamo dagli alberi oltre la siepe, mentre si preparano ad occuparsi presto di nuovi piccoli merlotti.

Uno di loro, poco prima di asciare il nido

lunedì 2 aprile 2012

L'innocente

Tra una settimana sarà Pasqua. In questo periodo mi viene sempre in mente una cosa raccontatami da mia mamma, un episodio accadutole nella sua infanzia.
Quando aveva circa cinque sei anni le capitò di passare davanti ad una macelleria del suo quartiere, a Lugano, e appeso lì fuori vide il cadavere di un agnellino, a testa in giù, privato del suo bianco pelo, ridotto ad un involucro di carne pronto da fare a pezzi per il pranzo di Pasqua, eppure ancora così indubitabilmente un agnellino.
Mia mamma scoppiò a piangere a quella vista, e per parecchio non ci fu verso di calmarla. Per molto tempo non volle più nemmeno passare da quella strada. E non ha mai mangiato la carne d'agnello, perché non è mai sbiadito nel suo ricordo l'immagine di quell'innocente ammazzato ed esposto in quel modo.
Penso che lei, che era una bambina, riconobbe in quel povero corpo un suo simile, un individuo molto giovane anche lui, un altro bambino potremmo dire, solo appartenente ad un'altra specie.

Come ho scritto anche in alcuni commenti lasciati su altri blog, trovo che la sistematica uccisione degli animali sia di per sé un fatto orribile. Quando poi tra le vittime ci sono anche i piccoli è ancora più orribile. Ogni cucciolo dovrebbe poter vivere serenamente la sua età, e stare con la propria mamma, al sicuro. Gli dovrebbe essere permesso di crescere, come avviene per noi umani.
Gli agnellini, nello specifico (ma è chiaro che lo stesso discorso si estende a vitellini, maialini, pulcini, e via dicendo), dovrebbero passare il primo periodo della loro esistenza a saltellare tra le erbe del prato, e non essere sottratti alla loro mamma e al calore del sole per essere sgozzati in un mattatoio. Un agnellino non viene al mondo per essere sacrificato, se non nella nostra distorta visione delle cose. Ma è così difficile da comprendere?
Sarebbe già un passo avanti se negli anni 2000 la mattanza pasquale degli agnelli venisse bandita. Basta con queste tradizioni che vivono anche sul sacrificio altrui. Alle piccole vite recise per trasformarsi in una portata del pranzo di Pasqua non sarà concesso di risorgere. E celebrare una resurrezione versando del sangue mi sembra quantomeno grottesco.
Finché non sapremo provare compassione per questi innocenti per antonomasia, questi piccoli esseri candidi e indifesi, temo sarà difficile provarne per tutti gli altri innumerevoli animali, adulti e piccoli, ammazzati ogni giorno per finire sulle nostre tavole.
Sarebbe bello che l'idea di rinascita associata alla Pasqua (o almeno così, da persona per nulla addentro al cattolicesimo, la interpreto io) si riferisse anche alla (ri)scoperta di un nuovo modo di guardare ai nostri fratelli animali, tutti quanti.
Una rinascita spirituale, grazie alla quale attingere finalmente alla compassione per tutte le creature.

Una parola anche su altri simboli pasquali, come i conigli, i pulcini, e le uova, che, in Svizzera, almeno, in questo periodo vengono dipinte per l'occasione.
Tutti simboli teneri e dolci, immagini di un mondo batuffoloso dai toni pastello.
Peccato che parallelamente migliaia e migliaia di conigli vengano allevati, spesso in condizioni terribili, per finire, dopo una breve vita infelice, nel nostro piatto; che innumerevoli pulcini maschi non idonei all'industria ovaiola vengano ammazzati brutalmente appena usciti dall'uovo; che le uova da dipingere a Pasqua provengano da galline che anche se allevate a terra e non in un orribile allevamento batteria, verranno comunque soppresse non appena il loro ciclo produttivo non sarà più all'altezza dello standard industriale.
Nella nostra schizofrenia umana passiamo costantemente da un estremo all'altro. Dalla tenerezza per alcuni animali al mangiarne altri della stessa specie, dall'accarezzare il capino di un pulcino al non pensare che migliaia di essi sono condannati a morte già prima di nascere.
Cerchiamo di applicare lo stesso empatico metro di giudizio a tutti gli animali. Se lo facciamo con naturalezza nei confronti di alcuni, lo possiamo fare per gli altri.
Questo è il mio auspicio pasquale.